Motocross

Dopo qualche periodo di assenza, ritorna la rubrica ‘‘Motorstoria”, con cui Voci di Sport riporta alla mente degli appassionati e non alcuni episodi indimenticabili nella storia dei motori.

Vi abbiamo parlato in passato di Formula 1 e Motomondiale, ma quest’oggi spostiamo il nostro baricentro altrove, su piste sterrate e desertiche e, in concomitanza con l’edizione 2015 di una Dakar che ormai di africano ha solo il nome (si corre in Sudamerica), ripercorriamo la bellissima e purtroppo tragica storia di Fabrizio Meoni, il signore della Dakar che ha vinto due volte la corsa africana e consacrato la sua vita ai rally-raid, morendo l’11 gennaio 2005 in quella che doveva essere la sua ultima partecipazione ad una corsa affascinante, ma purtroppo maledetta da una serie infinita di incidenti e decessi, causati dagli accidentati percorsi africani.

Fabrizio Meoni nasce il 31 dicembre 1957 in Toscana e, dopo un avvio di carriera nel segno dell’enduro, con tanto di convocazione in Nazionale, nel 1989 dà la svolta alla sua carriera, passando ai rally-raid e mostrando subito un grande talento nella sua prima corsa in questa specialità, l’Incas Rally in Perù: i risultati del centauro italiano sono ottimi e costanti, e gli valgono nel 1997 la chiamata della KTM, che lo porta con sé nelle gare più blasonate di questo tipo di circuito e punta molto su un pilota esperto e veloce.

Proprio in quell’anno il nostro portacolori fa il suo esordio nella Parigi-Dakar, ma è costretto a ritirarsi per la frattura di un polso: il suo amore per la storica corsa maledetta nasce qui, e sboccia negli anni successivi, nei quali ottiene subito un secondo posto (dietro a Peterhansel, che ora corre in auto) e nel 1999 sfiora un altro podio, sfumato solo per la rottura del motore nell’ultima tappa della corsa. Meoni qui dimostra la sua tenacia, riuscendo a riparare il mezzo ed arrivare 10° nella generale, ma è tra il 2001 ed il 2002 che il pilota KTM, squadra con cui otterrà tutte le sue soddisfazioni, nonostante un rapporto a volte burrascoso, si consacra come uno dei migliori nella kermesse del Continente Nero: il pilota italiano infatti è troppo veloce per la concorrenza, e riesce nell’impresa di vincere due edizioni consecutive della Parigi-Dakar ed arrivare terzo nell’edizione 2003, vinta dall’astro nascente Despres.

Meoni è ormai una delle autorità della Dakar e dei rally-raid, perde l’edizione 2004 per dei problemi tecnici, mancando il tris, e nel 2005 decide che quella che sta per correre sarà la sua ultima Dakar in carriera: nei suoi piani c’è il ritiro per dedicarsi alla famiglia ed alla fondazione creata, ma tutto questo ”il gigante della Dakar”, come veniva chiamato, non potrà mai raggiungerlo, e la corsa che aveva tanto amato lo porterà invece alla morte.

Siamo nel bel mezzo dell’11a tappa della corsa partita da Parigi e destinata ad arrivare in un paese, il Senegal, che Meoni amava tanto e sarà al centro di numerosi progetti della Fondazione da lui creata e che perpetua il suo nome, si parte da Atar e si arriva a Yaffa, in Mauritania, con l’azzurro che si trova al 2° posto nella generale alle spalle di Despres, con un distacco oltre i 9′ dovuto essenzialmente ad una caduta nel giorno precedente, e nessuno si aspetta che quello sarà un giorno tragico per la storia della Parigi-Dakar: sono le 10.15 del mattino quando Meoni cade improvvisamente, incappando in uno dei beffardi wadi, i fiumi in secca del deserto, e non si rialza più dal terreno africano.

Il pilota italiano infatti nella tragica caduta si frattura due vertebre e, nonostante i medici della corsa le tentino tutte per rianimarlo, insistendo per circa 45′ sul corpo ormai esanime del campione 47enne (stroncato da un arresto cardiaco dovuto al colpo), non c’è nulla da fare: Fabrizio Meoni muore sul colpo in quell’11 gennaio facendo quel che gli piaceva di più, e diventa la 43ma vittima di una corsa spettacolare ma maledetta, che ha ucciso anche il suo fondatore Thierry Sabine e, solo il giorno prima, aveva visto morire lo spagnolo Perez in un altro incidente.

La Dakar perde così il suo gigante, un campione capace di vincere due edizioni consecutive di una corsa difficilissima ed arrivare in altrettante occasioni sul podio, ma anche di trionfare in gare complesse come il Rally dei Faraoni (2 successi) ed il Rally di Tunisia (4 successi), diventando un punto di riferimento per la specialità e gli appassionati: si può dire che con la morte Meoni (e con i molti altri decessi, che poi hanno spinto allo spostamento in Sudamerica) la Dakar abbia perso un pizzico dello spirito eroico che l’aveva contraddistinta, ma soprattutto un uomo che aveva dato tutto per emergere e vivere esperienze indimenticabili e gratificanti.

A pochi giorni dal 18° anniversario dalla morte di Meoni, Voci di Sport non poteva far altro che omaggiare il campione che aveva emozionato tutti, ma che soprattutto (come tanti altri nella storia dello sport) ci aveva reso orgogliosi di essere italiani

DiRedazione Voci di Sport

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