Si è spento stamattina, non ancora sessantenne, dopo una lunga malattia, l’eroe di Italia ’90, Totò Schillaci.
Catapultato sui grandi palcoscenici, dopo tanti anni di gavetta nelle serie minori in Sicilia, Schillaci ha rappresentato l’incarnazione moderna dell’eroe delle antiche storie epiche. Il suo volto scavato, il suo italiano con un marcato accento siculo ed il suo sguardo spiritato divennero l’icona del mondiale organizzato nel nostro paese.
Così, dopo Paolo Rossi tirato fuori dal cilindro ad Argentina ’78 da Enzo Bearzot, Vicini, nonostante il roboante Gianluca Vialli ed i più affermati Serena e Carnevale, decise di affidare il ruolo di centravanti a questo ragazzo che del sud incarnava l’anima più pura e verace, quella degli emigrati partiti a milioni da quelle nostre terre, affamati ed in cerca di fortune.
Dopo gli anni di formazione nell’Amat di Palermo, passò nel 1982 al Messina, che militava in serie C2, dove si formò e crebbe anno, dopo anno, con la squadra che, sotto la guida, tra gli altri, di Scoglio e Zeman, arrivò fino alla serie B, in cui nella stagione 1988/89 realizzò 23 gol, laureandosi capocannoniere del campionato cadetto.
Acquistato dalla Juventus conquistò subito il posto da titolare e, nella sua prima stagione, andò a segno 15 volte in 30 gare, contribuendo alla vittoria in Coppa Italia e in Coppa UEFA, convincendo il Commissario Tecnico della nazionale a convocarlo per Italia ’90, in cui si rivelò al mondo, entrando di fatto nella storia della nostra Nazionale.
Ala fine della manifestazione iridata si aggiudicò infatti il Pallone d’Oro Adidas quale miglior giocatore della manifestazione e la Scarpa d’Oro Adidas in qualità di capocannoniere grazie alle sei reti realizzate. Nello stesso anno solare si classificò anche al secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro di France Football, alle spalle del tedesco Lothar Matthäus.
I gol realizzati nel mondiale del 1990, contribuirono a creare il mito delle «notti magiche» dal testo della canzone ufficiale della manifestazione interpretata dalla coppia Bennato-Nannini, e sono rimasti nell’immaginario collettivo di tutti i tifosi e sportivi italiani.
Per la generazione di chi vi scrive ha rappresentato un vero mito, rimanendo nei cuori di tutti per la sua generosità, la sua fame, la sua rabbia atavica che lo portava a gettare il cuore oltre l’ostacolo quando nessuno avrebbe scommesso una lira su di lui.
Il resto della sua carriera non fu all’altezza di quelle due incredibili stagioni, vedendolo perdere la confidenza con il gol e quella rapacità che ne avevano fatto un goleador implacabile, così i problemi personali e familiari finirono per disinnescarlo meglio di tutti quegli avversari che invano avevano tentato di marcarlo a Italia ’90.
Lasciata dopo altre due stagioni la Juventus, approdò, prima all’Inter, dove giocò due anni realizzando 11 reti, e poi si trasferì, primo italiano a farlo, in Giappone, nello Jubilo Iwata, dove divenne il Samurai del gol, una delle grandi star della lega del Sol Levante, raccogliendo, alla fine della sua esperienza 58 gol in 76 partite.
Si ritirò nel 1999 dopo una carriera che in Italia lo vide raccogliere 120 presenze e 37 reti in Serie A e 105 presenze e 39 reti in Serie B.
In azzurro chiuse con appena 16 presenze e 7 reti, ma quelle 7 presenze e sei reti raccolte ad Italia ’90 ne hanno fatto uno degli eroi azzurri, una leggenda.
Grazie Totò quindi per quelle grandi, e indelebili, emozioni che ci hai regalato e per essere stato sempre te stesso, nel bene e nel male.