Anthony Gobert è morto dopo una breve ma intensa lotta contro una malattia che nel giro di poche settimane lo ha portato a questo triste epilogo. L’annuncio del decesso del 48enne australiano idolo delle due ruote tra il 1994 e il 2006 lo ha dato la madre Siuzanne su Facebook, in un post in cui ha anche ringraziato tutte le persone che hanno in qualsiasi modo contributo alla sua vita. Una notizia che era purtroppo nell’aria già da qualche giorno, precisamente da quando i suoi fratelli Aaron e Alex sullo stesso social avevano annunciato che per Anthony si stava ricorrendo alle cure palliative, lasciando intendere che fosse ormai a fine vita.
Una vita fatta di eccessi la sua, nello sport come nel quotidiano. Già nel 2019 Gobert aveva passato dei giorni in terapia intensiva dopo essere stato colpito nel suo appartamento con una mazza da baseball. Un regolamento di conti si disse all’epoca, successivo a una rissa di cui era stato protagonista in un ristorante. E poi le condanne in tribunale per piccoli furti dopo il suo ritiro e per aver girato con la patente scaduta, passando per le dipendenze da alcol e droghe (eroina, per sua stessa ammissione). Un’esistenza dissoluta che però non gli ha impedito di essere idolo degli appassionati di Superbike dal 1994 al 2000, quando vinse 8 gare. Non tantissime ma abbastanza per garantirgli un posto nel cuore dei tifosi che vedevano in lui un grande potenziale mai del tutto espresso a pieno. Potenziale anche limitato dalle squalifiche per doping nel momento migliore della carriera, tra 1997 e 1998. La sua più grande impresa in pista è probabilmente quella del 2000 a Philip Island in gara 1. In quell’occasione Gobert portò la Bimota alla vittoria in una gara dopo ben 11 anni e lo fece dando 29 secondi di distacco a Fogarty campione del mondo. Genio e sregolatezza Anthony Gobert, che poi andò ancora avanti per qualche anno e con qualche lampo di classe pura fino alla sua uscita di scena dal circuito, nel 2006.