di Simone Togna
Mauro Ardizzone è il primo allenatore italiano a Gibilterra. Dopo svariati anni in giro per il mondo il mister ha sottoscritto un contratto con il Mons Calpe Sports Club. Ecco l’intervista completa con la sua storia, in esclusiva per Voci di Sport.
Dodici anni per tutto il globo terrestre con l’Accademia del Milan. Quale è stata la sua prima esperienza e dove? Quale la più positiva? E la peggiore?
“Con il progetto ACMilan ho girato tutto il mondo lavorando in giro per Europa, Indonesia, Stati Uniti, Australia, Sudamerica e Africa. Poi, ho maturato altre esperienze con diversi club in altre zone del globo terrestre. La primissima è stata in Svezia, a Vastares, con un gruppo fantastico, tanti anni fa. C’erano mister Sannino, che poi è arrivato in A in Italia, Cotugno ora in Cina con mister Cannavaro, Colautti, vincitore in Asia insieme a mister Zaccheroni e Davide Corti uno dei migliori formatori in Italia. Eravamo un gran bel gruppo con un’energia fantastica. La peggiore? Non me la ricordo: la passione per questo lavoro mi ha sempre spinto oltre. Anche se devo dire che a livello di aspettative in generale queste non sono state accompagnate da quella carica e energia che tali esperienze richiedono, ma stavano cambiando tante cose al Milan”.
In che cosa consisteva l’Accademia del Milan?
“Si trattava di un progetto globale che racchiudeva tutto l’aspetto tecnico-tattico e sociale-culturale, con il compito di portare l’immagine e lo stile Milan in giro per il mondo. Poi, ahimè, qualche personaggio che è arrivato strada facendo ha pensato bene di modificare questo fantastico programma in base alle sue esigenze”.
È stato a contatto con tantissimi fuoriclasse. Ha qualche aneddoto da raccontarci?
“Stare a contatto con diversi giocatori di alto livello ti permette di crescere ulteriormente perché, al di là di quello che la gente pensa, il calciatore ha una maturazione più veloce. Dentro ad ognuno di loro e dietro a ciò che vedono gli altri ci sono uomini e padri di famiglia, pur essendo ragazzi giovani. Ricordo una cena con tutta la squadra del Milan con mister Ancelotti, Kakà, Maldini, Seedorf in mezzo al deserto di Dubai con un clima sereno e positivo. Mi sono divertito.
Quanto hanno contribuito queste esperienze alla sua maturazione professionale?
“La voglia di insegnare calcio e di crescere aumenta ogni minuto di più. Mi documento e mi confronto con le persone, riuscendo a trasmettere tutto quello che posso e che ho dentro di me. I giocatori, a qualsiasi età e livello, hanno voglia di apprendere. Questo mi è stato detto da più calciatori. Una volta, parlando anche con Paolo Maldini, una leggenda del calcio a livello mondiale, mi rivelò come ogni giorno andasse a Milanello con la stessa voglia e determinazione di imparare cose nuove”.
Ho letto che dedica i suoi successi a suo fratello…
“Il ricordo di mio fratello vive con me. Era una persona fantastica che ha trasmesso tanto agli altri e raccolgo sempre manifestazioni di affetto da ogni parte dove lui abbia giocato. Mi ha insegnato, pur essendo più giovane di me, a smussare gli spigoli che spesso non ci fanno andare oltre e ci impediscono il raggiungimento di obiettivi importanti perché pensiamo che dobbiamo essere così per forza. A volte bisogna cambiare la nostra visione delle cose e rinunciare al nostro ego che ci fa commettere inconsapevolmente degli errori”.
Ha vissuto e lavorato in Paesi molto poveri. È vero che è proprio in questi contesti si capisce come il pallone sia la lingua di tutti?
“Ho avuto la fortuna di lavorare in Paesi molto ricchi – Dubai in primis – e in altri molto poveri, dove era finita da poco una guerra che aveva devastato la città. Sono stato anche in luoghi come l’Indonesia, in cui il mix di povertà e ricchezza ti sconcertava: villa con piscina ed elicottero da una parte, case arroccate senza mura dove vivevano centinaia di persone dall’altra. In ogni luogo ho trovato una voglia di fare calcio incredibile. Il calcio è comunicazione a livello mondiale e mi accorgo che sta crescendo sempre di più. Peccato che, invece, da noi in Italia, ed è un dato di fatto, sta invece perdendo entusiasmo per troppe persone sbagliate all’interno di questo meraviglioso mondo.
Un episodio in particolare?
“Ero Nairobi, non avevo ancora iniziato la mia professione, ma in un campo abbandonato mi sono ritrovato circondato da un centinaio di ragazzini con una palla. Ognuno aveva addosso tutto ciò che la vita gli aveva donato: due maglioni, giubbotti, pantaloni insomma il loro guardaroba personale. Li ho sistemati in file differenti facendo esercitazioni su esercitazioni, era arrivata la sera. Tutti erano felici e io avevo capito cosa volessi fare da grande…”
Che si dice in Indonesia di Thohir? Che si è comportato da businessman per trarre profitto dalla vendita dell’Inter? E dato che immagino lei sia legato agli ambienti milanisti, teme che possa succedere lo stesso anche con i rossoneri?
“Ero a Giacarta proprio mentre Thohir acquistava una parte del club nerazzurro e, in loco, si diceva che l’avrebbe fatto per trarre vantaggio a livello economico da un eventuale cessione. Ma mi sembra abbastanza normale. È un businessman, come ce ne sono altri ora del mondo. Purtroppo i signori Moratti, Berlusconi e altri che, oltre a fare business, hanno i colori delle proprie maglie cuciti nel cuore saranno sempre meno. Non conosco la società che è entrata da poco nel Milan ma mi sembra che abbiano iniziato bene, con due persone importanti a livello manageriale e sportivo”.
Perché è andato ad allenare a Gibilterra? Come è nata questa idea?
“Stavo partendo per l’Arabia Saudita e in pochissimi giorni mi sono ritrovato a Gibilterra in un campionato nuovo, ad allenare una squadra di Serie A con obiettivi importanti. Sono arrivato grazie a Michele di Piedi, un giocatore che ha militato in tantissimi club nel mondo. Conosciuto in Indonesia, dopo aver vissuto con lui un’altra bellissima esperienza nel massimo campionato sudamericano in Venezuela, è nato un rapporto di stima e fiducia incredibile che mi ha portato qua. In pochi giorni ho conosciuto la dirigenza, un altro giocatore importante per questo progetto, Hugo Colace, e dopodiché ho firmato e sono partito”.
Che aspettative ha?
“Sono arrivato in un momento particolare, dove ci sono veri e propri obiettivi da raggiungere. Tuttavia, l’idea di portarmi qua subito è nata appunto per farmi conoscere meglio il campionato, i giocatori, le abitudini e le condizioni, oltre ad avere già da ora una programmazione per la prossima stagione dove la società vuole arrivare a giocarsi un accesso alle competizioni europee. Le prime tre del campionato accedono direttamente al preliminare di Champions ed Europa League. Spero di portare qua con me la prossima stagione altri giocatori italiani in quanto la nostra scuola è sempre di altissimo livello e per giocare campionati importanti devi arrivare preparato”.
Il suo modello di mister da seguire?
“Devo dire che non ho un modello particolare da seguire. Il calcio ha tante sfaccettature e osservo dove posso per prendere il meglio dai migliori. Mi piace Conte per il lavoro che fa in maniera maniacale e con risultati eccellenti. Guardiola per le nozioni specifiche che mette in un allenamento rendendolo sempre interessante e piacevole. Walter Zenga ha sempre fatto bene lavorando anche su aspetti nuovi che hanno in qualche modo cambiato il modo di interpretare la partita, vedi l’attenzione e le variabili sulle palle inattive. Sannino per come interpreta alla perfezione il suo sistema con un carisma e una personalità incredibili, Di Francesco che è riuscito a trasformare il Sassuolo in una squadra di alto livello giocando un gran calcio con movimenti difensivi e offensivi incredibili. Ancelotti per la tranquillità che trasmette ai suoi campioni e poi metto Mourinho per tutto quello che ha portato nel calcio a livello mondiale, trasformando ogni gara in un evento da vivere con il fiato sospeso dal primo all’ultimo minuto: il calcio”.
Dove sogna di arrivare in futuro?
“Non so cosa riserverà il futuro ad ognuno di noi, so che il passato mi ha insegnato tanto e mi ha fatto diventare quello che sono, mi piace viver il presente e dare sempre il massimo, migliorardomi ogni giorno. La mia valigia è sempre piena di cose belle e di persone che mi vogliono bene e mi accompagnano sempre in questo favoloso cammino. Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare…comincia”.