Il calcio (con l’atletica) è lo sport più conosciuto e praticato nel mondo, sicuramente quello maggiormente in grado di accendere la passione di centinaia di milioni di tifosi, tanto da farne una sorta di religione laica.
Ma com’è stato possibile far evolvere un mero gioco, un innocente passatempo, a fenomeno di massa in grado di calamitare, oltre che l’attenzione generale, ingenti capitali e giochi di potere sottili e pericolosi?
Oggi ormai respiriamo e viviamo calcio, grazie alle pay-tv, 24 ore al giorno, sette giorni su sette, tra partite, interviste, approfondimenti e quant’altro serva a tenere sempre alta quell’attenzione che porta con sé investimenti e sponsor.
Ma non è stato naturalmente sempre così.
Se torniamo indietro nel tempo a ricercare gli antenati del calcio, i primi riferimenti ad un gioco con la palla li possiamo trovare in Giappone con il Kemari e in Cina con il Tsu-chu (le tradizioni locali parlano di un migliaio di anni prima di Cristo, ma altre fonti collocano il tsu-chu molto più indietro, attorno al 2600 a.C.). Comune a questi due sport era l’uso dei piedi, la presenza di una “porta” rudimentale (delimitata da due alberi o aste di bambù) e l’utilizzo di una palla. Il termine chu indica infatti una palla di cuoio realizzata con la vescica di animale gonfiata o riempita da capelli femminili. Nel cinquecento a.C. il tsu-chu faceva parte dei programmi di addestramento militare dell’esercito ed era pertanto finalizzato, come molti altri esercizi, all’efficienza fisica dei soldati.
Nella Grecia antica, intorno al IV secolo a.C., si affermò l’Episkyros, che mai ebbe però l’onore di entrare tra le discipline olimpiche. Passando a Roma questo gioco si trasformò nell’Harpastum in cui, utilizzando una piccola palla, due squadre si affrontavano su un campo rettangolare, delimitato da linee di contorno e da una linea centrale, con lo scopo di riuscire a portare la palla oltre la linea di fondo del campo avversario. Per riuscirci erano permessi passaggi sia con le mani che con i piedi ed ogni giocatore ricopriva un ruolo ben preciso. Marziale descrisse due tipi di pallone usati a quei tempi: la pila paganica (usata dai contadini) fatta di cuoio e piena di piume e la follis, anch’essa di cuoio ma con una camera d’aria costituita da una vescica. Il gioco continuò ad essere popolare per circa 700-800 anni e praticato principalmente dai legionari che, combattendo in tutta Europa, ne permisero la sua diffusione.
Passando al Medioevo si ha notizia di diversi giochi con il pallone, espressione dell’antagonismo tra villaggi o tra fazioni dello stesso villaggio, e, ormai senza più le regole dell’antichità, essi obbedivano, da luogo a luogo, a norme diverse. Verso la fine del Duecento le antiche cronache parlano di un gioco con la palla, il Large-football, praticato nelle Isole Britanniche, e, come si racconta in una cronaca londinese del 1175, suscitava grandi timori tra la gente per la violenza con cui si giocava, soprattutto, durante il carnevale, tanto che un secolo dopo il gioco fu regolato e, in alcuni casi, addirittura proibito. Il 13 aprile 1314 il Re Edoardo II proibisce la pratica del gioco a Londra e nei luoghi pubblici; nel 1388, con un editto del Re Enrico V, il gioco fu messo definitivamente al bando, ma nel frattempo si era ormai diffuso nei territori vicini e soprattutto in Scozia e Francia, dove si giocava esclusivamente con i piedi, e in modo assai violento, nella versione detta Savate. In una lettera di grazia del 1374, si parla anche della Soule come mezzo di contesa con il pallone da lungo tempo praticata tra i vari villaggi.
In Italia la massima espressione venne raggiunta con il Calcio fiorentino, le cui varianti vennero giocate anche a Venezia e Bologna, un mix di lotta e gioco con la palla, che finiva spesso in sanguinose risse.
In Inghilterra, finalmente riabilitato nel 1617 da Giacomo Stuart, il gioco con la palla ricominciò liberamente ad essere praticato, soprattutto dai giovani nei college e nelle università.
Nacquero così le prime regole scritte di un gioco denominato dribbling-game, antesignano sia del calcio che del rugby, che vedeva affrontarsi due squadre di 11 o 22 giocatori e prevedeva sia l’uso dei piedi che delle mani. Ma ancora nel 1820 c’era grande confusione tra un tipo di gioco e l’altro, le cui evidenti differenze originarono, in seguito, una separazione netta con la nascita della Rugby Union, nel 1846.
Un primo tentativo di unificazione si ebbe con le 14 regole, quando al Trinity College di Cambridge si riunirono giocatori in rappresentanza di diversi istituti per stilare una prima bozza del regolamento del gioco del football, e, il 24 ottobre 1857, venne fondato il primo club di football al mondo, lo Sheffield Football Club, che giocò la sua prima partita al Parkfield House, nel 1858 furono poi scritte le Sheffield Rules (Regole di Sheffield).
Il gioco del calcio, così come lo conosciamo oggi, nasce, ufficialmente, con la fondazione della Football Association, il 26 ottobre 1863. Da questo momento infatti il calcio assume una sua ben distinta fisionomia, distinguendosi dal rugby.
A Londra, in Great Queen Street presso la Free Mason’s Tavern (la taverna dei Framassoni o dei Liberi Muratori), si diedero infatti appuntamento i rappresentanti di undici club e associazioni sportive con lo scopo primario di codificare in maniera organica e omogenea il nuovo gioco. Il regolamento scaturito dall’incontro mostra un evidente compromesso con l’altro sport anglosassone che aveva la medesima matrice: il rugby. Il 24 novembre dello stesso anno i membri della Football Association si riunirono nuovamente per il redde rationem definitivo tra le due fazioni in concorso: da un lato mr. Morley (Segretario dell’associazione), deciso ad eliminare la matrice rugbystica del nuovo gioco, dall’altro Mr. Campbell (Presidente del club Blackheat), estremo difensore di quella impostazione. Prevarrà Mr. Morley ed il successivo 8 dicembre vennero apportate sostanziali modifiche al regolamento: nessun giocatore infatti avrebbe potuto più correre con la palla tra le mani o caricare l’avversario.
Il calcio moderno ha finalmente intrapreso la sua strada che, fin dalla sua nascita, fu di grande successo, sia per la semplicità delle regole che per il dinamismo insito nel gioco stesso.
A differenza degli esordi, che quasi non vedevano alcuna distinzione di ruoli tra i giocatori, con il trascorrere degli anni, nasceranno poco a poco le “specializzazioni” che porteranno ad una prima distinzione tra attaccanti e difensori. È questo il periodo in cui si tende ad equilibrare lo sbilanciamento in avanti delle squadre e il risultato più evidente è l’arretramento di tre attaccanti: i mediani. Ma è con gli inizi del 1870 che lo schieramento in campo assume quell’impostazione, ben presto diffusa in tutto il mondo, costituita da un portiere, due terzini, tre mediani e cinque attaccanti. Nel 1871, intanto, vengono codificate le dimensioni del pallone, fa la sua comparsa la figura del portiere, come unico giocatore al quale fosse consentito toccare la palla con le mani, e nasce la federazione scozzese. Nel 1875 è la volta di quella gallese e della definizione delle misure delle porte (7,32 metri di lunghezza per 2,44 di altezza). Solo tre anni più tardi un arbitro utilizzerà per la prima volta un fischietto per dirigere una gara.
Nel 1880 si aggiunge un’altra federazione alle tre già esistenti: quella irlandese. Sei anni dopo, nel 1886, viene fondato l’International Football Association Board (IFAB), organo costituito dalle quattro federazioni britanniche di Inghilterra, Scozia, Irlanda e Galles, con il compito di far rispettare le regole del gioco e se necessario, di apportarvi modifiche. Tale organo è tuttora in vigore ed è l’unico, a livello mondiale, a poter decidere in tema di modifiche al regolamento del gioco.
Per impedire che alcuni giocatori stazionassero lontano dalla palla, fu presto introdotta la regola del “fuorigioco” che risulterà determinante per l’evoluzione del gioco: erano in posizione irregolare tutti coloro che si trovavano davanti alla linea della palla in tutto il campo. Nel 1886 questa regola fu modificata ulteriormente: il giocatore si trovava in posizione regolare, quando aveva almeno tre giocatori tra lui e la porta avversaria su tutto il campo. Da questa modifica prende il là lo sviluppo della tattica calcistica, inizialmente come tentativo di organizzazione volta a sfruttare al meglio il movimento degli attaccanti. L’introduzione di questa regola portò alla nascita di vari “sistemi” di gioco, caratterizzati dalla disposizione dei giocatori sul campo e dai compiti a loro assegnati. I primi schieramenti (1866), con l’introduzione del portiere, erano 1 – 10 o 1-1-9; in seguito, nel 1880, il Nottingham Forest varò il famoso sistema piramidale: 1 – 2 – 3 – 5.
Sempre nel 1886 venne ufficialmente riconosciuto il professionismo sportivo: i calciatori vennero cioè equiparati alle altre categorie di lavoratori e avevano il diritto, conseguentemente, di percepire un compenso per l’opera prestata.
Nel 1890 le porte sono finalmente dotate di reti, una innovazione importante basata sul brevetto di un cittadino di Liverpool: Mr. Broodie. Due anni più tardi fa la sua comparsa anche il calcio di rigore.
In Gran Bretagna il calcio si era ormai consacrato come fenomeno sportivo e sociale, capace di coinvolgere migliaia di spettatori e affollare gli stadi. Alla finale di F.A. Cup nel 1887 erano presenti 27.000 spettatori, che diventeranno 110.000 appena quattro anni più tardi. Alla passione degli studenti si aggiunse quella degli imprenditori. Questi ultimi, rimasti estranei ai primi passi del nuovo gioco, se ne erano innamorati solo quando aveva completato le sue strutture formali. Essi contribuirono così alla costruzione degli stadi, al finanziamento dei club, alla nascita del primo mecenatismo sportivo al mondo. Al football si erano ormai avvicinati anche i ceti medi e i colletti bianchi delle manifatture e delle banche, mentre era invece rimasto meno entusiasta il mondo delle professioni liberali. Il mondo degli intellettuali appariva invece abbastanza diviso, famosa al riguardo è l’invettiva del Premio Nobel Kipling contro gli entusiastici sostenitori del nuovo sport: ‘voi che saziate le vostre piccole anime con gli idioti fangosi del football’. Nonostante ciò il calcio era ormai in grande ascesa in tutto il regno, pronto per varcare i confini nazionali e diffondersi in tutta Europa, cosa che puntualmente avvenne, arrivando anche in Sud America e ovunque si spingessero marinai e soldati britannici.
Nel 1907, per evitare l’azione ostruzionistica determinata dal sistematico avanzamento dei difensori, venne apportata un’ulteriore modifica alla regola del fuorigioco. Tale cambiamento, con l’introduzione del passaggio in profondità e l’inizio delle triangolazioni tra i vari reparti, portò ad un maggiore respiro del gioco offensivo.
Nel 1925, su proposta della Federazione Scozzese, l’International Board, portò da 3 a 2 il numero di giocatori utili per far scattare la regola del fuorigioco. Il vantaggio in fase offensiva porta alla nascita di nuovi sistemi di gioco, tra i quali, il più famoso è il W M. Altri sistemi famosi saranno l’ 1 – 3 – 2 – 3 – 2 della grande Ungheria di Puskas e l’ 1 – 4 – 2 – 4 delle nazionali Sud Americane, soprattutto il Brasile dei fratelli Santos, Garrincha e Pelé, che vinse i Campionati Mondiali nel 1958 e dominò anche negli anni successivi.
Il prevalere delle difese e la regola del fuorigioco, hanno indubbiamente portato al miglioramento tecnico-tattico dell’attacco e della difesa.
Il sistema WM venne però messo a sua volta in crisi dall’introduzione dei due attaccanti fissi: per rinforzare la difesa si pensò a modificare l’assetto difensivo del VM attraverso un sistema di gioco che affidava al “libero” il compito di coprire i suoi compagni di difesa in difficoltà.
Poi, passando attraverso il cosiddetto ‘catenaccio’ all’italiana che ebbe in Nereo Rocco ed Helenio Herrera due dei massimi rappresentanti, si arrivò al ‘calcio totale’ degli olandesi e alla nascita della difesa a “zona“, ma questa è storia dei nostri giorni…