Genova ha raccontato una storia chiara: l’Inter ha vinto anche quando ha dovuto riscrivere il copione. Senza Calhanoglu, su un campo che non regala mai nulla, i nerazzurri portano a casa tre punti pesanti con una prestazione di sostanza, più che di spettacolo, ma tremendamente efficace.
Chivu nel post partita ha parlato di adattamento e maturità, e la gara lo conferma. In mediana Zielinski non ha provato a imitare il turco, scegliendo invece una gestione più dinamica del gioco, fatta di tempi giusti e scelte pulite. L’Inter ha così mantenuto equilibrio senza perdere identità, segnale di una squadra che sa cambiare pelle senza snaturarsi.
Accanto a lui Sucic è stato ovunque: corsa continua, raddoppi, pressione costante. Un lavoro silenzioso ma fondamentale per tenere compatta la squadra, soprattutto nei momenti in cui il Genoa ha alzato il ritmo.
Il vantaggio nasce da Bisseck, sempre più dentro i meccanismi di Chivu. L’inserimento e il gol raccontano la crescita di un difensore che oggi incide anche davanti. È la fotografia di un gruppo che risponde quando viene chiamato.
E poi c’è Lautaro, che chiude il match come fanno i leader veri. Sempre nel vivo del gioco, sempre lucido nei momenti decisivi. Il suo gol vale tre punti e molto di più, perché certifica lo stato mentale di questa Inter.
Il primato solitario arriva grazie ai passi falsi di Milan e Napoli, ma non è un favore: è una conseguenza. Perché questa Inter, anche quando manca qualche certezza, trova sempre una strada. Adesso lo fa guardando tutti dall’alto, ma senza fare troppo rumore.

