Negli anni del ventennio fascista il regime si appropria della ginnastica e dello sport facendone un formidabile strumento di propaganda politica, veicolo per quel consenso autoritario di massa sopra il quale fondare il proprio potere
Mussolini inizialmente si interessa a sport più “nobili” del calcio come la scherma e i motori, per esempio, ma successivamente si rende conto che per avere un vero e proprio consenso di massa lo sport su cui puntare è proprio il calcio. L’Italia riesce ad ottenere l’organizzazione del Mondiale del 1934, il primo ad essere giocato in una nazione europea, e Mussolini sceglie otto città in cui disputare le partite: Bologna, Firenze, Roma, Genova, Milano, Torino, Napoli, e Trieste, in cui vengono costruiti stadi ultra-moderni che ispirarono successivamente gli stadi-velodromi di Marsiglia e Bordeaux. Alla fase finale, dopo i gironi di qualificazione si presentano 16 squadre, 12 sono europee, per la prima volta un africana, l’Egitto e 3 americane, tra le quali c’è anche un Argentina completamente rimaneggiata a causa della paura, che portando i giocatori migliori, questi sarebbero stati presi di mira da qualche nazione europea che li avrebbe fatti giocare come oriundi, basti pensare a Raimundo Orsi, attaccante che giocava per l’Italia e per la Juventus ma in realtà era argentino di nascita.
L’Uruguay, campione in carica dopo il mondiale casalingo vinto nel 1930, non partecipa per protesta contro l’Italia, e altre nazionali europee che non avevano preso parte al mondiale uruguagio per i costi del viaggio in Sud-America.
Il mondiale dell’Italia inizia a gonfie vele, la prima partita è con gli USA che vengono umiliati con un secco 7 a 1 ma è dalla partita successiva che iniziano le “stranezze” e che si capisce la voglia di vincere che ha il regime fascista, si gioca contro la Spagna guidata dal portiere Zamora, soprannominato “il divino”, la partita finisce 1 a 1 con il gol del pareggio azzurro irregolare per un fallo di Meazza sul portiere spagnolo, l’arbitro probabilmente si accorge anche del fallo, ma non per questo può fischiarlo. In quel periodo in caso di pareggio non si va ai supplementari e nemmeno ai rigori: si rigioca . L’Italia il giorno dopo per la sfida che vale il passaggio del turno cambia quattro titolari, la Spagna addirittura sette tra cui “il divino” per motivi mai del tutto chiariti, gli azzurri vincono 1 a 0, con un rete annullata agli spagnoli, e passano i quarti. In semifinale c’ è l’Austria, che ha vinto con l’Ungheria in una partita che Hugo Meisl, Ct della nazionale austriaca dal 1912, commenta seccamente: “Una rissa non una partita di calcio”.
L’Austria è la grande favorita per la vittoria, gioca un calcio che può essere considerato l’antesignano del moderno “tika taka”, dinamismo dei ruoli e possesso palla con una fitta rete di passaggi sempre rasoterra; è soprannominata Wunderteam “squadra delle meraviglie” e tra le sue fila gioca Matthias Sindelar. Soprannominato Mozart per l’armonia dei movimenti. Sindelar è il più forte giocatore austriaco di tutti i tempi, che purtroppo morirà prematuramente e misteriosamente a soli 36 anni per suicidio. In realtà, dietro questa morte prematura si cela una più probabile esecuzione della Gestapo dovuta al rifiuto di giocare i mondiali del 1938 con la nazionale tedesca.
L’Italia ci mette il cuore e vince 1 a 0, si va in finale a Roma. A separare gli azzurri dal titolo c’ è soltanto la Cecoslovacchia di Nejedly, capocannoniere del torneo con cinque reti. I cecoslavacchi vanno in vantaggio ma a 6 minuti dalla fine ci pensa l’attaccante Juventino Orsi a pareggiare e nei minuti di recupero Schiavio, giocatore di quel Bologna i cui tifosi cantavano “tremare il mondo fa”, firma il 2 a 1 portando per la prima volta la nazionale italiana sul tetto del mondo e guadagnando per lui e i compagni un super premio partita di 20mila lire a testa.