L’avventura di José Mourinho sulla panchina della Roma si è conclusa da circa 24 ore, vale a dire dall’annuncio di ieri della società in cui si ufficializzava la separazione dal tecnico portoghese. Una notizia arrivata come un fulmine a ciel sereno nella Capitale, dove in pochi (Special One compreso) si aspettavano una decisione del genere. È vero, la stagione della Roma non è delle migliori al momento, con la squadra attardata in classifica e che ha mostrato un gioco poco brillante. È però anche vero che dal suo arrivo in giallorosso Mourinho aveva creato sin da subito una sorta di empatia quasi magica con i tifosi, riportandoli in massa allo stadio e ricreando un entusiasmo che non si vedeva dai tempi dell’ultimo scudetto. L’unione tra tifoseria e tecnico era totale nonostante qualche scricchiolio dell’ultimo periodo, con Mourinho che è stato subito accolto con grande calore. “Come un figlio” anzi, per riprendere le sue parole di ieri all’uscita, per l’ultima volta, dal centro sportivo di Trigoria. Ad alto tasso emozionale le immagini andate in onda: la sua macchina in uscita dai cancelli, i tifosi che lo inseguono, lui che si ferma. Il finestrino si abbassa, José visibilmente commosso che ringrazia i tifosi e loro che all’unisono intonano un “Tirana è per sempre”. Il riferimento è ovviamente alla Conference League portata a casa dalla sua Roma un paio di stagioni fa, unico trofeo internazionale nel palmarès della società se escludiamo le ormai estinte Coppa delle Fiere e Coppa Anglo-Italiana. Altro calcio, altre epoche. E pensare che Mourinho poteva anche bissare il successo europeo nella scorsa stagione, stavolta portando un “upgrade” con l’Europa League. Sulla sua strada si sono messi il leggendario Siviglia in formato europeo, difficilmente battibile nell’ultimo ventennio, oltre che un certo Anthony Taylor con alcune decisioni arbitrali abbastanza discutibili.
Da quel momento forse si è rotto qualcosa nel giocattolo Mourinhano. L’atmosfera si è un po’ spezzata, come la convinzione che con quell’uomo in panchina tutto fosse possibile. La stagione attuale è iniziata con tante, forse troppe aspettative col senno di poi. L’arrivo in pompa magna di Lukaku, festeggiato all’Olimpico come un moderno gladiatore del Colosseo, lasciava presagire un’annata di trionfi, con la Roma che poteva fare lo step decisivo per consacrarsi definitivamente tra le big del nostro campionato. Romelu, come anche Dybala e altri campioni giunti in questi anni a Roma, è sicuramente stato attratto dall’aura quasi magica di Mourinho, che ha aumentato l’appeal della società anche agli occhi dei calciatori stessi. Tutto perfetto, sulla carta. La realtà però è stata diversa sin da subito. Nelle prime 3 giornate di campionato la Roma ha portato a casa solo un punto infatti, pur avendone giocate 2 in casa e avendo affrontato avversari non trascendentali (Salernitana e Verona). Un campionato su cui Mourinho non ha mai veramente puntato nelle scorse stagioni, basti pensare come la sua Roma non abbia mai raggiunto i primi 4 posti a fine anno conquistando la qualificazione diretta in Champions, una macchia se vogliamo viste le rose a sua disposizione e le ambizioni della società. Quest’anno il motivo ricorrente delle prime giornate e che poi si è trascinato fino alle ultime è stato poi quello della tenuta difensiva, solitamente fortino dell’ideologia di José. Il portoghese ha sempre basato la sua filosofia calcistica sulla solidità della difesa a scapito del bel gioco, in barba agli esteti che ricercano il giochismo in ogni dove. Su questi pilastri ha costruito un’intera carriera, vincendo in ogni parte del mondo e costruendosi la sua reputazione leggendaria. In questa stagione però, se guardiamo i numeri, la Roma ha già subìto 24 gol in campionato. Delle prime 12 in graduatoria solo Napoli e Monza (con 25) hanno fatto peggio dei giallorossi.
A questo bisogna poi aggiungere che l’annata è al momento andata male anche relativamente ai nuovi acquisti, che non hanno inciso come ci si attendeva. Al netto di Lukaku, che pur tra infortuni e difficoltà varie ha comunque messo a segno 14 gol in 25 presenze tra campionato e coppe, gli altri stanno tutti underperformando. I vari Renato Sanches, Aouar, Azmoun e Paredes stanno tutti facendo male in relazione alle aspettative, anche per i troppi infortuni. Gli infortuni, altro aspetto che ha penalizzato questa Roma. Se da Dybala era ampiamente preventivabile aspettarsi una stagione “spezzettata” visto il suo ben noto storico infortuni, è anche vero che in questa stagione sono veramente troppi i problemi fisici per i giallorossi. Mourinho non ha quasi mai avuto a disposizione l’intera rosa nello stesso momento e questo ha inciso sulla costruzione degli 11 titolari anche a livello di intesa in campo. Ci sono poi alcuni “oggetti misteriosi” di cui si è saputo poco, emblematico il caso di Chris Smalling. Il centrale inglese, pilastro delle scorse stagioni, quest’anno non si è quasi mai visto. La versione ufficiale parla di una lunga e fastidiosa tendinite ma, come riportato dal Corriere dello Sport, forse c’è un’altra verità che riguarda il rapporto con Mourinho. Il portoghese qualche settimana fa in conferenza stampa aveva testualmente detto “Smalling mi ha rovinato la stagione”. Frase tutta da interpretare e che può avere diverse chiavi di lettura, ma che sicuramente lasciava l’impressione di un ambiente poco sereno. L’indiscrezione del CorSport parla di nervi tesi tra i due col rapporto ai minimi storici e Smalling non sarebbe nemmeno l’unico “muso lungo” degli ultimi mesi. Lo spogliatoio non era più così legato a quanto pare e più di qualcuno cominciava a mormorare. Un altro degli scontenti sarebbe Lorenzo Pellegrini così come Rick Karsdorp che col portoghese ha questioni in sospeso di lunga data, dalla famosa “epurazione” della scorsa stagione che gli aveva messo contro anche la tifoseria stessa. E poi Spinazzola, che non avrebbe gradito le critiche ricevute nello spogliatoio dopo la brutta prestazione di Bologna. E ancora il caso Sanches, sostituito sempre a Bologna dopo pochi minuti dal suo ingresso in campo. Ecco dunque che in questo senso la decisione “di pancia” di Friedkin forse è più ragionata di quanto possa sembrare all’esterno.
E allora, per riportare entusiasmo alla piazza, si è pensata una soluzione che trasuda Romanità da tutti i pori. Sì perché sulla panchina della Roma torna un vero “romano de Roma”, torna Capitan Futuro. Daniele De Rossi è infatti pronto a fare rientro in quella che è stata casa sua per una vita, secondo calciatore dopo Francesco Totti per numero di presenze in giallorosso. Un ritorno che sognava dal 26 maggio 2019, da quel doloroso addio che lui non avrebbe voluto contro il Parma nell’ultima all’Olimpico, uscendo dal campo e dando la fascia di capitano ad Alessandro Florenzi. Lacrime sue e dei tifosi in quell’occasione, con lui che in cuor suo ha sempre sperato che quello fosse solo un arrivederci. E adesso la chance della vita, per sostituire Mourinho e riportare entusiasmo in una piazza lacerata da contrasti generati dalla decisione dell’esonero, tra favorevoli e contrari. Lui sicuramente metterà d’accordo tutti, così come ha messo d’accordo tutti quando scese in campo per la prima volta in giallorosso. Era il 2002, sulla panchina della Roma c’era Fabio Capello. L’esordio assoluto arriva in Champions contro l’Anderlecht e in campionato contro il Como. In quest’ultima occasione Capello lo preferisce addirittura a Pep Guardiola, non esattamente uno qualunque, per la prima delle sue 459 in campionato con la maglia giallorossa cucita addosso. Ed è proprio Pep Guardiola a dirgli, in quel 25 gennaio del 2003 a Como “tocca a te oggi”. Chissà se a distanza di quasi 21 anni esatti qualcun altro gli scriverà un “tocca a te oggi” giorno 20 gennaio prima di Roma-Verona, partita che aprirà ufficialmente la sua avventura sulla panchina giallorossa. Daniele De Rossi è pronto a raccogliere l’eredità di Mourinho, una storia d’amore che ritorna dopo “aver fatto giri immensi”.