La vocazione del calcio, come di ogni sport, è quella di confrontarsi costantemente, con un avversario o con il tempo, per saggiare e testare la propria forza ed abilità, nel caso specifico sono le partite, dapprima con i ‘vicini di casa’, poi, quando non è più così gratificante, si iniziano a cercare altrove dei competitors all’altezza.
In quest’ottica va letta anche la nascita, negli anni ’70, della Coppa Anglo-Italiana, nota anche come Torneo Anglo-Italiano (in inglese Anglo-Italian Cup o Anglo-Italian Inter-League Clubs Competition), che metteva di fronte club italiani e inglesi, destinata, tra alti e bassi, a disputarsi dal 1970 al 1996. Manifestazione, questa, da non confondere con la Coppa di Lega Italo-Inglese, un’altra competizione tra squadre italo-britanniche inaugurata nella stessa stagione sportiva.
L’idea venne, nel 1969, a Gigi Peronace, un noto manager italiano dell’epoca, che si era trasferito in Inghilterra fin dagli anni sessanta. Nacque da subito con il patrocinio dell’UEFA, della FIGC e della FA. La scintilla che scatenò il fuoco che portò alla nascita della competizione fu piuttosto casuale e banale: lo Swindon Town, fresco vincitore della Coppa di Lega Inglese, secondo i regolamenti allora vigenti presso la Football Association, non aveva diritto a partecipare ad alcuna competizione europea, infatti, come vincitore della seconda Coppa inglese seconda per importanza avrebbe dovuto partecipare alla Coppa delle Fiere, ma ciò, allora, era permesso solo alle squadre di First Division (l’attuale Premiership), mentre lo Swindon militava in Third Division (l’attuale League One, il terzo livello del calcio professionistico d’Albione), e questo precludeva dunque la partecipazione a qualsivoglia competizione europea.
La prima edizione venne così giocata nel 1970 e schierava ai nastri di partenza sei squadre italiane (tutte di Serie A) e sei squadre inglesi (quattro di First Division, una di Second Division e lo Swindon Town di Third Division). La formula adottata dal torneo era invero piuttosto complessa ed articolata: prevedeva infatti tre gruppi composti da squadre di entrambe le nazioni (in cui però non si affrontavano le squadre dello stesso Paese), mentre i risultati conseguiti erano inseriti in due classifiche distinte, una per le italiane e una per le inglesi. La migliore squadra italiana e la migliore squadra inglese si affrontavano in finale sul campo della squadra, tra le due, che aveva fatto più punti nella prima fase.
Anche la seconda e la terza edizione seguirono queste regole, sia per la partecipazione che per la qualificazione delle squadre alla finale, ma il lotto delle partecipanti divenne anno dopo anno di sempre minore prestigio.
Si capì ben presto che difficilmente questo torneo avrebbe potuto ‘sfondare’, come interesse e prestigio, e così divenne una sorta di fucina per stravaganti sperimentazioni quali, ad esempio, nelle prime tre edizioni del torneo, quella di assegnare un punto per ogni gol segnato e, dalla terza edizione, quella di prevedere una regola del fuorigioco leggermente modificata per rendere le partite più spettacolari grazie alla riduzione della zona di fuorigioco agli ultimi 16 metri del campo.
Nella quarta edizione, nel 1973 vi furono altre modifiche, le squadre per nazione vennero portate ad otto ed i gironi diventarono due (sempre con partite e classifiche distinte per nazionalità), qualificando alle semifinali la migliore squadra per nazione di ogni gruppo. In semifinale si affrontarono in gare di andata e ritorno le squadre della stessa nazionalità per qualificare alla finalissima una squadra per ognuno dei due Paesi, il Newcastle vinse in finale il trofeo, 2-1 a Firenze contro la Fiorentina.
Il torneo del 1974 non si disputò con il pretesto formale della concomitante disputa dei Mondiali. In effetti le cose però non stavano proprio così. Come si può arguire spulciando nei dati relativi all’edizione del 1973, nel corso dei quattro turni di gare per le qualificazioni alle semifinali, erano state disputate complessivamente trentadue partite, sedici in Italia e altrettante in Inghilterra, con un totale di 257.516 spettatori paganti, di cui 123.498 in Italia e 134.018 in Inghilterra, con una media di circa 8.500 spettatori per partita. Netto era dunque il calo di affluenza rispetto alle precedenti edizioni del torneo, che avevano visto, in venticinque partite, tra eliminatorie e finale, un totale di 278.000 spettatori per il 1970, 395.000 per il 1971 e 280 mila per il 1972.
Nel 1975 il torneo non venne disputato per problemi organizzativi.
Nel 1976 per non sancire la fine del torneo si decise di riproporlo come confronto tra compagini semiprofessionistiche, sei squadre della Serie C italiana e sei delle leghe dilettantistiche inglesi (dalla quinta serie in giù). Dopo una prima fase giocata in Inghilterra e una seconda giocata in Italia, le migliori squadre per nazione si sfidarono nella finalissima (giocata in Italia). Questa edizione della Coppa fu la prima competizione internazionale a stabilire i 3 punti per la vittoria.
Anche negli anni successivi rimase in vigore questo regolamento, ma dal 1979 le squadre per nazione si ridussero a quattro, con finalissima sempre giocata in Italia. Dal 1978 il torneo aggiunse alla sua denominazione ufficiale, anche quello di alcuni sponsor (Alitalia prima e Talbot poi).
Negli ultimi giorni del 1980 ci fu la prematura scomparsa di Gigi Peronace, quindi dal 1982 si decise di intitolare la nuova formula del Torneo alla sua memoria. Dal 1982 al 1986 il torneo si svolse ad eliminazione diretta fra quattro squadre con gare secche di semifinale (squadra italiana contro squadra inglese) e finali (1º/2º posto e 3º/4º posto), tutte giocate in Italia.
Ci si rese conto che il torneo aveva ormai perso gran parte del suo fascino, quindi si decise di interromperlo. Tra l’altro erano anche gli anni dell’ostracismo inglese in Europa, dopo i fatti di Bruxelles del 1985.
Dopo un lungo letargo il torneo venne riesumato nella stagione 1992-1993 invitandovi a partecipare 8 squadre della Serie B italiana (le quattro retrocesse dalla Serie A e le migliori non promosse della B della stagione precedente) e altrettante dell’omologa categoria inglese, la Division One (qualificate dopo una fase preliminare). Il regolamento del Torneo fu identico a quello della quarta edizione della manifestazione tenutasi nel 1973, con l’unica differenza che la finalissima era prevista nel suggestivo scenario dello Stadio di Wembley a Londra.
Anche nelle stagioni successive il regolamento fu lo stesso, anche se scomparve la fase preliminare in Inghilterra e le classifiche dei gironi diventarono uniche e non più divise per nazione, anche se il meccanismo di qualificazione alle semifinali rimase il medesimo.
Nell’edizione 1995-96 del torneo approdarono in semifinale 4 squadre per nazione, e la vincente della finale italiana affrontò la vincente della finale inglese.
Le difficoltà di collocarlo nel calendario stagionale, il costante disinteresse del pubblico, dei mezzi d’informazione e degli stessi club, che vi schieravano squadre imbottite di riserve, portarono alla sua cancellazione al termine di questa edizione. Il trofeo finì in Italia, con la vittoria del Genoa.
La coppa Anglo-Italiana non venne mai riconosciuta dalla UEFA, dalla FIGC e dalla FA.
Nella sua versione iniziale si affermarono: nel 1970 lo Swindon Town, nel 1971 il Blackpool, nel 1972 la Roma, nel 1973 il Newcastle, sommando tutte le edizioni le vittorie italiane sono state 16 contro 5, quasi tutte quando si passò al semiprofessionismo.