OPORTO (Dal nostro inviato Simone Togna) – Quando si parla di calcio portoghese il Porto è la squadra simbolo, di riferimento. I Dragões hanno conquistato 27 campionati, 16 coppe nazionali, 20 Supercoppe del Paese lusitano, alle quali si devono aggiungere i titoli al di fuori dei propri confini: 2 Champions League, 2 Europa League, 1 Supercoppa Europea e 2 Coppe Intercontinentali.
Non male, insomma, per una squadra i cui tifosi, per festeggiare una vittoria in un’amichevole contro l’Arsenal nel 1948, decisero di regalare al proprio club (e regalarsi) un trofeo enorme, il più grande ancora oggi mai creato, del peso di 250 kg, forgiato anche in argento e oro, dalle dimensioni mastodontiche per ricordare per sempre quello storico trionfo.
Altri tempi. Il Porto negli anni è cresciuto, consacrandosi come una potenza in ambito Nazionale e come un team affermato nel Vecchio Continente.
E’ vero che quest’anno le cose non stanno andando particolarmente bene, i Dragoni sono terzi, a cinque punti dallo Sporting Lisbona capolista e a tre dai rivali storici del Benfica, ma è altrettanto vero che dopo l’esonero di Julen Lopetegui e l’arrivo di José Peseiro la squadra di Oporto punta a tornare in alto e a far parlare nuovamente e in modo positivo di sé.
E ad oggi non si possono fare troppi elogi ad Herrera e compagni per i risultati ottenuti in stagione. Un plauso deciso lo si deve fare all’Estádio do Dragão, l’impianto da 52.000 posti che ospita le partite intente della squadra, costruito in modo tale che davvero tutti possano godersi lo spettacolo dei match, e al museo del club, un autentico gioiellino del settore.
L’UNIONE DI CULTURA E SPORT – Il museo è una tappa imperdibile per tutti gli appassioni di calcio e non solo. Inaugurato il 28 settembre del 2013, inserito come detto all’interno della stadio, ricopre un’area davvero vasta, molto più grande rispetto al campo di gioco. Ripercorre la storia ultracentenaria della società con innovazione e sensibilità, suscitando forti emozioni anche a chi non è un propriamente un tifoso, attraverso un percorso caratterizzato da trofei e maglie, fotografie antiche e moderne, reperti unici nel proprio genere, oltre ad una raccolta di testimonianze interattive che coinvolgono il visitatore e lo proiettano nella mentalità di un vero supporter del Porto.
SFACCETTATURE ITALIANE – Camminando all’interno del museo non solo vengono in mente i grandi campioni che hanno giocato in Serie A, prima o dopo aver vestito la casacca del Porto, ma si scopre pure che il primo mister della storia del team lusitano fu Catullo Gadda, ex giocatore del Bel Paese che si trasferì in Portogallo in cerca di fortuna.
E venendo ai tempi più recenti, imperdibile per gli interisti una foto di rito con la statua di José Mourinho, o un’attenta visione, da parte di tutti gli amanti del calcio, delle partite decisive e vincenti della storia del club. Con un’eccezione: la sconfitta nella finale di Coppa delle Coppe contro la Juventus del 1984. Perché inserire il filmato di una sconfitta? Semplice: in primis perché secondo i lusitani ci fu un errore grossolano dell’arbitro che favorì la rete decisiva dei bianconeri, in una partita giocata alla pari nonostante il Porto partisse nettamente sfavorito, ma soprattutto perché si tratta di un auspicio benevolo per la squadra, che bando alla scaramanzia “non perderà mai più una finale fuori i propri confini”.
Da allora infatti, ad eccezione delle Supercoppa Europea, ogni qual volta i Dragões hanno raggiunto l’ultimo atto di una competizione hanno sempre alzato il trofeo al termine del match.
INNOVAZIONI FUTURISTE E REPERTI STORICI – Il paragone con le strutture italiane è impietoso. Tanto per capirci, a San Siro c’è solo un ascensore a disposizione dei giornalisti per salire in tribuna stampa. All’Estádio do Dragão, che di ascensori ne ha un’infinità, oltre ai ristoranti e ad un parcheggio interno che dire spazioso è dire poco, si respira davvero la storia del club. Come detto, grazie ad antichi vessilli, ma anche ad una visione futuristica senza precedenti.
Nel museo del Porto, ad esempio, c’è l’ologramma del presidente del club, con tutti i discorsi più importanti mai letti, sale interattive dove il tifoso può godere fino allo sfinimento di ogni informazione e curiosità sulla squadra le cui maglie sono a strisce bianche e blu, in onore dell’antica bandiera del Portogallo, riproduzioni su scala dei giocatori più rappresentativi della storia dei lusitani, doni dei protagonisti, come un lettera di Robson per Villas Boas, o il discorso scritto dallo stesso mister prima di una sfida decisiva contro il Benfica.
Per non parlare della telecronaca, davvero contagiosa, di quando il Porto vinse all’ultimo secondo contro il Benfica l’11 maggio del 2013, lo superò in classifica e conquistò poi il campionato. Assolutamente da brividi.
Insomma, se siete ad Oporto, visitate lo stadio ed il museo del club. Ne vale assolutamente la pena.
Ed incrociate le dita affinché tali costruzione arrivino presto in Italia.