“In futuro è più probabile incontrare dei nuovi Messi o dei nuovi Maradona che dei nuovi Riquelme” [Cit. Jorge Rodriguez, primo allenatore di Riquelme].
Juan Roman Riquelme è nato in uno dei tanti sobborghi di Buenos Aires, che dista dal centro della capitale argentina circa una trentina di chilometri. Il luogo in cui ha visto la luce per la prima volta si chiama San Fernando, un piccolo paese a nord dell’agglomerato urbano di Baires, a pochi passi dal Estadio Don José Dellagiovana dimora del Club Tigre.
Roman è nato il giorno prima della finale della Coppa del Mondo terminata con Daniel Passarella, capitano dell’Argentina nel 1978, che alza l’ambito trofeo mondiale nel Monumental, il primo nella storia dell’Argentina. Quasi un segno del destino. Un cammino già scritto tra le stelle del futbol argentino e percorso in maniera impeccabile.
Roman è il primo di undici fratelli e solo Cristian ha seguito parzialmente la sue orme nei campi da calcio. Da piccolo Roman era un bambino calmo e tranquillo che parlava poco e quando lo faceva si dimostrava saggio nonostante l’età. Giocava nei campi del suo barrio con le squadre giovanili del posto. Lo chiamavano El Mudo proprio perché parlava poco.
Nel 1991, a 13 anni, supera la prova con l’Argentinos Juniors. La sua classe non passa inosservata però è molto piccolo e gioca poco, e quando entra in campo viene utilizzato come centrale di centrocampo. Il padre di Roman allora si reca a La Paternal per avere delle spiegazioni dal tecnico Balcaza e capire perché suo figlio non riusciva a divertirsi come gli altri suoi compagni. Dopo aver capito che a Roman piaceva giocare alle spalle della punta la strada del Ultimo Diez ebbe inizio.
Mentre giocava nelle inferiores del Bicho l’allora presidente del Boca Mauricio Macrí, attuale presidente dell’Argentina, bussò alla porta di casa Riquelme. Per una cifra sproposita per quel periodo e per un ragazzo che non aveva mai giocato in Primera Divsion (800 mila dollari) el mudo passava alla corte di Bilardo.
In quel periodo i media argentini avevano più volte accostato Riquelme al River Plate e l’affare sarebbe andato in porto se non fosse stato per la fede calcistica della madre di Roman, tifosa fino al midollo degli Xeneizes. Roman in realtà era tifoso del Tigre, ma in casa c’era solo una bandiera che sventolava: quella del Boca. Per cui quando dovette scegliere tra le due grandi d’Argentina la decisione non fu difficile.
È il 1996 e Riquelme ad appena 18 anni è un calciatore del Boca Juniors. Ricordava un po’ la storia di Diego Armando Maradona, che a 16 anni è passato a giocare da La Paternal alla Bombonera. Roman deve aspettare 12 giornate per esordire in Primera Division con la maglia del Boca Juniors nella sfida vinta contro l’Union 2-0. Dopo 90 minuti la Doce già cantava il suo nome. Tre giorni dopo sigla la sua prima rete tra i professionisti nella goleada inflitta all’Huracan nel Parque Patricios. Bilardo non lo toglierà più dal campo. Riquelme finisce quella stagione con 4 gol e 6 assist in 22 partite giocate.
Vince il torneo Sudamericano e il mondiale under 20 del 1997 dove incontra i suoi ex compagni dell’Argentinos (Markic e Cambiasso) e stinge nuove amicizie con Aimar e altri calciatori che avrebbero giocato in futuro con la maglia del River Plate. Nel 1998 vince il suo primo titolo nazionale con il Boca, bissandolo l’anno successivo.
A fine 2000, dopo 4 anni con la maglia del Boca Juniors, Juan Roman Riquelme ha rimpiazzato definitivamente Maradona. El Mudo con le sue giocate e con la sua classe è la stella nascente del futbol argentino. Quell’anno riuscì ad alzare la sua prima Copa Libertadores, la Coppa Intercontinentale e il suo terzo campionato argentino. Prima di partire per l’Europa bissa il successo continentale vincendo la seconda Copa Libertadores.
La sua fama aveva raggiunto il picco massimo e assieme ad essa aumentarono anche i pericoli. Il 5 aprile del 2002 il fratellino Cristian che giocava nelle giovanile del Platense fu rapito. Fu chiesto un riscatto di 160 mila dollari che fu pagato. Dopo 29 ore dal sequestro Cristian chiamò Roman da un telefono pubblico per avvertirlo che era stato liberato.
Nell’estate di quell’anno Riquelme saluta La Boca e saluta la sua gente lasciando in eredità 44 reti e 81 assist in 194 presenze per partire alla volta di Barcelona. La dirigenza catalana sborsò 13 milioni di dollari per portarlo al Camp Nou alla corte di Van Gaal. Il calciatore argentino gioca 30 partite con i blaugrana ma una rivoluziona tecnica all’interno della società lo costringe a far subito i bagagli e trasferirsi al Villarreal (il Barcelona decise di puntare su Ronaldinho terminando i posti da extracominutari). Nelle tre stagioni seguenti con il Sottomarino Giallo Roman conquista come al solito i cuori dei tifosi con le sue emozionanti giocate (vince anche due Coppe Intertoto) e viene tutt’oggi considerato il massimo idolo della tifoseria locale.
L’avventura in terra spagnola termina idealmente nel 2006 con il rigore sbagliato nella semifinale di Champions contro l’Arsenal. In quella stagione il Villarreal era riuscito ad eliminare grandi squadre tra cui anche l’Inter di Mancini nei quarti di finale. Dopo il mondiale di Germania infatti gioca la prima parte della stagione in Spagna, ma ad inizio 2007 torna al Boca Juniors per vincere la terza Libertadores.
Ci riesce con una grandissima campagna, segnando 8 reti in 11 presenze e collezionando 3 assist. Il prestito di Roman però non viene rinnovato e torna al Villarreal dove incontra Pellegrini che lo taglia dalla rosa principale. Cosi ad inizio 2008 ritorna per la terza volta al Boca Juniors dove era amato e dove avrebbe giocato con costanza.
L’incredibile storia d’amore con gli Xeneizes non termina come tutti si aspettavano: nel 2013 Riquelme e il presidente Angelici non riescono a trovare l’accordo economico per il rinnovo. Roman, indeciso sul da farsi, in un primo momento voleva ritirarsi ma poi scende di categoria per tornare nel club che lo ha lanciato: l’Argentinos Juniors. Il semestre si conclude per il meglio nonostante l’avvio complicato: il Bicho ritorna il Primera Division ma Riquelme lascia definitivamente il calcio giocato.
Prima di appendere gli scarpini al chiodo i media argentini lo hanno iniziato a chiamare El Ultimo Diez. Riquelme è stato questo: un dieci puro, che sapeva emozionare i cuori della gente con il suo talento e con la sua passione. È strano pensare che lui e Messi condividano la stessa data di nascita, è strano pensare che Messi, considerato il più forte calciatore di quest’epoca, non sia l’ultimo dieci argentino ma lo sia Riquelme.
Juan Roman Riquelme, lui, che ieri, ha compiuto 39 anni e al calcio manca come quando manca il pane sulla tavola. Tanti auguri Roman, anche se in ritardo di un giorno.