Rosario è una delle tre città più popolose dell’Argentina. Si staglia a Nord di Buenos Aires e viene inglobata da una gigantesca provincia che prende il nome di Santa Fé, la quale si adagia sul margine occidentale del maestoso fiume Parana’, secondo solamente al Rio delle Amazzoni.
Qui, nel Giugno del 1988, viene alla luce Ever Banega. Talento baciato dagli Dei, genio del calcio, croce e delizia per allenatori e società.
Banega ruba l’occhio sin da piccolo. Di ruolo fa il centrocampista. Mette ordine e amministra ogni singola giocata con calma serafica. Illumina la partita con un lancio preciso al millimetro e con la stessa abilità riesce ad addormentare il match quando i suoi sono in vantaggio.
Il giovane prodigio di Rosario muove i primi passi nel Boca Juniors, nella maestosa Bombonera. Si mette in mostra e attira gli occhi di alcuni club europei, pronti ad investire una somma ingente per accaparrarsi il nuovo prodigio del fùtbol argentino.
Sarà proprio il Valencia a spuntarla e a metterlo sotto contratto. Nella penisola iberica “El Tanguito” vivrà di alti e bassi. Dapprima andrà in prestito all’Atletico Madrid, ma tornerà alla casa base senza aver impressionato.
Poi si renderà protagonista di atteggiamenti tutt’altro che professionali e cadrà in una spirale di infortuni. Il più grave e, allo stesso tempo, bizzarro, lo porterà alla frattura di Tibia e Perone ad una pompa di benzina dimenticandosi di inserire il freno a mano nella sua macchina.
Banega sarà sempre un talento incostante, lo si capisce vedendo le sue partite e tastando con mano l’umore della tifoseria. Se è ispirato fa spellare le mani ai suoi tifosi, crea fendenti meravigliosi, passaggi illuminanti, ma se non è in giornata è un giocatore avulso, statico, che cerca leziosismi inutili facendo infuriare anche il più moderato tra i tifosi.
La sua carriera calcistica è fatta di alti e bassi, un viaggio sulle montagne russe che lo porterà, nel 2016, in italia, più precisamente approderà all’Inter in una stagione sfortunata dove i nerazzurri cambieranno ben tre allenatori prima De Boer a seguire Vecchi ed infine Pioli. In questa confusione generale, Banega, proverà a mettere ordine, è la sua indole che lo guida, prendendo per mano il centrocampo dell’Inter, ed esprimendosi su buoni livelli, rendendosi protagonista di 33 apparizioni condite da 6 gol. Si sa, sulle montagne russe dopo una salita c’è sempre una discesa adrenalinica che ti regala l’ultima emozione prima della fine.
Per “El Tanguito” l’ultima avventura si chiama Siviglia, li dove ha incantato e si è fatto conoscere dal grande pubblico, li dove ha lasciato il cuore, li dove i tifosi lo attendono con gli occhi inumiditi dall’emozione.
Nella penisola iberica, comunque, Banega si consacrerà, più precisamente nel suo Siviglia dove vincerà l’Europa League per ben 3 volte, scrivendo in calce il suo nome tra le leggende del club andaluso, con l’ultimo sussulto il 21 Agosto del 2020 proprio contro la sua ex squadra, proprio contro l’Inter.
Si renderà protagonista di una partita meravigliosa ergendosi a faro del centrocampo portando la sua squadra al successo.
Da li in poi un turbinio di emozioni frenetiche: la coppa alzata al cielo, i festeggiamenti scatenati, l’abbraccio collettivo con i suoi compagni che sanno che quello è un addio, la conferenza stampa dove scoppierà in lacrime emozionando un intero popolo che ha vissuto con lui e ha vinto, tanto, tantissimo dominando i campi europei con grinta e dedizione.
Norman Mailer diceva che il genio è equilibrio sul bordo dell’impossibile. Forse è il riassunto della carriera di Ever Banega. Una carriera vissuta sul filo del rasoio, con eccessi e vizi, ma sempre pronto a rialzarsi e a toccare il cielo con un dito.