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Le ultime ore in casa Napoli sono state parecchio calde, con l’avvicendamento in panchina tra Walter Mazzarri e il neoallenatore Francesco Calzona. Il tecnico calabrese, attuale CT della nazionale slovacca, è chiamato a riportare serenità e risultati alle pendici del Vesuvio dopo una prima abbondante metà di stagione piuttosto deludente. L’incantesimo sembra essersi rotto rispetto alla splendida squadra targata Spalletti che l’anno scorso impressionò l’Italia e l’Europa intera per la qualità del suo calcio facendo incetta di premi. Il terzo Scudetto, festeggiato in lungo e il largo dai tifosi, sembra solo un lontano e sbiadito ricordo, con la squadra attuale opaca e senz’anima se pensiamo alla rosa dello scorso anno. Eppure molti calciatori sono gli stessi e altri ne sono arrivati, a impreziosire un organico che sulla carta poteva dire la sua anche quest’anno, forte dello Scudetto portato con orgoglio e fierezza sulla casacca azzurra. Partendo proprio da alcuni singoli, è emblematico il caso della coppia Kvaratskhelia-Osimhen, tanto decisivi lo scorso anno quanto impalpabili o quasi in questa stagione. Il georgiano sembra essere stato “letto” bene dagli avversari dopo i funambolici dribbling dello scorso anno e quest’anno fa molta più fatica a saltare l’uomo e a creare pericolosità davanti. Per lui 6 gol e 5 assist in stagione, cifre comunque importanti anche se arrivate nel contesto di una rosa che ha perso inevitabilmente qualcosa della magia della scorsa stagione. Inoltre, a Kvicha manca il suo “partner in crime“, quel Victor Osimhen che non è minimamente vicino ai numeri del 2023 né per presenze (appena 13 in campionato) né per gol (7 al momento in Serie A). Anche in questo caso, più dei numeri parla l’atteggiamento in campo, col nigeriano apparso sempre più svogliato nelle ultime uscite e con un crescente “mal di pancia“, anche forse a causa delle sirene inglesi. Oltre a loro un po’ tutti i protagonisti dello scorso anno sembrano avere meno fame, come se fossero “sazi” dell’impresa compiuta nella scorsa stagione. Il popolo napoletano, sempre in contatto quasi carnale con la squadra, inevitabilmente ha già iniziato da tempo a rumoreggiare anche per una progettualità che non è stata delle migliori relativamente alla guida tecnica.

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A inizio anno la dirigenza aveva puntato forte sul ritorno in Italia di Rudi Garcia, che conosceva bene il nostro calcio vista l’esperienza sulla panchina della Roma. Il tecnico francese sin da subito non è stato molto amato da tifoseria e addetti ai lavori, impegnato nel difficilissimo compito di sostituire quel Luciano Spalletti entrato nei cuori di tutti. L’eredità da raccogliere era pesante e si sa, da quelle parti il calcio si vive come un qualcosa di estremamente serio. Ecco perché dopo i primi passi falsi il Maradona ha iniziato a mugugnare, tutt’altro che un dettaglio pensando a quanto il pubblico ha spinto i suoi beniamini lo scorso anno nella corsa allo Scudetto. E Garcia, sempre più nervoso e con le spalle al muro, si è visto dall’oggi al domani fuori dal progetto con De Laurentiis che ha puntato sull’usato sicuro chiamando Walter Mazzarri. La cura sembrava aver prodotto i suoi effetti, col tecnico toscano rimasto affezionato alla piazza dopo la sua precedente esperienza azzurra e il pubblico che lo ha riaccolto con calore. I primissimi risultati potevano far pensare a una rinascita del Napoli, con la vittoria a Bergamo di fine novembre che, per quanto fortunosa, aveva ridato entusiasmo all’ambiente. Poi qualcosa si è rotto nuovamente, con i malumori di Osimhen, le prime voci di rottura interna con Zielinski ed altri senatori in merito alla loro gestione, oltre che alcuni risultati non esaltanti. E il Napoli è sprofondato nuovamente nel baratro. Nelle ultime 4 gare gli azzurri ne hanno vinta solo una, rischiando di perdere l’ultima in casa contro il Genoa e salvati solo da Ngonge al novantesimo. La classifica non mente, il Napoli latita a metà graduatoria lontano dalla zona Europa e sembra attualmente destinato a un campionato anonimo e senza squilli. Mazzarri, dal canto suo, ha fatto peggio di Rudi Garcia se guardiamo unicamente a risultati e punti ottenuti, a testimonianza di una scelta che si è rivelata tutt’altro che vincente. La piazza, sempre molto umorale e affamata di altri successi dopo la scorsa stagione, non sembra voler perdonare altri passi falsi alla squadra, ecco perché si è optato per il terzo cambio in panchina. Circostanza che già di per sé ha dell’incredibile, essendo la prima volta che una squadra campione in carica cambia 3 allenatori nel corso di una singola stagione di Serie A. I colpi di testa di De Laurentiis, inoltre, denotano una confusione importante a livello di progetto a lungo termine, con le ultime scelte che son sembrate solo dei modi per mettere delle toppe senza piuttosto pensare a una soluzione definitiva. La mentalità del cosiddetto “traghettatore” è quella che ha prevalso nella scelta di Mazzarri (ed eravamo solo a metà novembre) e che ancor di più sembra aver guidato l’ultima recentissima scelta del cambio in panchina. Una “resa delle armi” apparsa molto prematura e che ha consegnato il Napoli a questa anonima e deludente stagione, considerata ai piani alti come un’annata di transizione forse un po’ troppo presto.

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L’ultima scelta, come dicevamo all’inizio, è ricaduta su Francesco Calzona, che col Napoli ha un lungo legame. Il tecnico, attuale CT della Slovacchia, è infatti stato il vice di Maurizio Sarri oltre che quello di Luciano Spalletti nel primo anno della sua esperienza sulla panchina partenopea. All’inizio si vociferava che nel suo staff potesse esserci posto anche per Marek Hamsik, nome che genera sempre sussulti emotivi importanti dalle parti del Vesuvio. La notizia è stata poi smentita, ma è chiaro come anche questa scelta, sulla scia di quella di Mazzarri, indichi la volontà della dirigenza di giocare “in casa” provando a puntare su uomini che hanno un legame con la terra e che conoscono la passione per il calcio che si vive a certe latitudini. La scelta di Calzona è senza dubbio coraggiosa ed è a tutti gli effetti un all-in di De Laurentiis che può svoltare definitivamente la stagione in un senso o nell’altro. L’approdo di Calzona in panchina costituisce tra l’altro un unicum per quel che riguarda il cosiddetto “doppio incarico” nel nostro calcio. Il neoallenatore infatti ricoprirà fino a fine stagione la carica di tecnico del Napoli oltre che di CT della Slovacchia, con cui in estate disputerà i campionati europei. Ed è questo il primo caso del genere nel nostro calcio, che ha visto in un passato piuttosto remoto casi simili ma non identici. Tra gli anni ’50 e ’60, infatti, Foni, Viani e il grande Helenio Herrera ricoprirono la doppia carica di allenatori di squadre di club e di collaboratori della nazionale italiana, seppur non nel ruolo di prima guida tecnica (vice di Valcareggi nel caso di Herrera, in commissione tecnica gli altri due). All’estero invece, per quanto non sia comunque una pratica così comune, i casi analoghi sono diversi e riguardano alcuni grandi nomi. Basti pensare a Sir Alex Ferguson, che nel Mondiale del 1986 guidò la nazionale scozzese quando era già allenatore dell’Aberdeen. O ancora Guus Hiddink, alla guida di Chelsea e Russia nel 2009, o Dick Advocaat allenatore di AZ Alkmaar e Belgio nel 2010. Lo stesso Fatih Terim ebbe un’esperienza simile nella sua Turchia dov’è considerato alla stregua di un’istituzione: nel 2013 il tecnico, con un passato anche in Italia, guidò Galatasaray e Turchia contemporaneamente. E ancora il nostro Fabio Cannavaro, CT della nazionale cinese chiamato a sostituire Marcello Lippi e allenatore del Guangzhou nel 2019. Insomma, i casi ci sono e Calzona è sicuramente in buona compagnia. Da vedere se e come riuscirà a riportare entusiasmo e risultati in un ambiente che ha voglia di esultare e gioire come nella scorsa trionfale annata. L’esordio non sarà dei più facili, col suo primo match che sarà quello del Maradona contro il Barcellona in Champions League, dopo nemmeno 48 ore dal suo approdo ufficiale sulla panchina azzurra. Una vera e propria “prova del fuoco” per Calzona, che avrà subito la possibilità di farsi amare dai suoi nuovi tifosi provando a ricreare un po’ di quella magia che ha riportato a Napoli lo Scudetto dopo oltre 30 anni.

DiFabio Scalia

Laureato in geologia, da sempre grande appassionato di sport e scrittura. Juventino sfegatato, ma ho anche dei difetti.