Giugno 2014: il Parma vive sulle ali del sogno, la squadra guidata in panchina da Donadoni vive sulle ali dell’entusiasmo di una qualificazione in Europa League (soffiata al Torino) tanto inattesa quanto gradita (qualcuno pronosticava la retrocessione) e resa possibile dalle giocate dei vari Cassano e Parolo e dalle chiusure difensive di Paletta, che si guadagnerà anche la convocazione nel disastroso Mondiale brasiliano, i tifosi esultano ed a Parma si parla solo di calcio e dell’imminente ritorno in quell’Europa che, prima del fallimento post-Tanzi e della caduta in Serie B, era diventata il terreno di conquista dei crociati, vincitori negli anni ’90 di due Coppe UEFA ed una Coppa delle Coppe e sempre presenti nel palcoscenico internazionale e nelle zone alte della classifica in quegli anni d’oro.
Dal sogno all‘incubo, dai discorsi unicamente calcistici a quelli con sfondo economico e di diritto fallimentare, dai campioni in rosa alle cessioni (vedi Parolo), alla sfortuna (vedi problemi cardiaci di Biabiany) ed a quegli arrivi che hanno impoverito e non arricchito la rosa dei ducali: l’episodio che scoperchia il vaso di Pandora di quello che sembrava l’ennesimo idillio di provincia del nostro calcio, ed invece era solo un Inferno ben mascherato ed altrettanto ingannevole, è l’esclusione dall’Europa League per il pagamento in ritardo dell’IRPEF, dato fondamentale per la concessione della licenza UEFA e che porta all’inserimento del Torino nella competizione, ma in realtà questo è solo l’inizio di una crisi che non ha eguali, e che porterà il Parma a scivolare nel baratro sportivo e soprattutto societario.
Ghirardi annuncia la cessione del club, poi si fa convincere e ritratta, ma in realtà non avrebbe le risorse per continuare: ne esce che il Parma non pagherà gli stipendi ai suoi giocatori da luglio in poi, ed ancora non ha pagato, ne escono debiti che toccano i 197 milioni ed una situazione in campo che porta la squadra all’ultimo posto in solitaria ed a ottenere solo 10 punti in 23 gare (sarebbero 11, ma c’è un -1), con una retrocessione quasi in cassaforte, ma soprattutto i tifosi ducali vivono mesi da incubo, con quattro presidenti che si affacciano in città, dispensando promesse e garanzie di rilancio, ma in realtà fanno pochissimo per cambiare i dati di una squadra sull’orlo del fallimento.
Esatto, perché il Parma passa da Ghirardi alla Dastraso Holding per la modica cifra di 1€ con la garanzia di ripianare i debiti e pagare i giocatori, ma nulla cambia: prima Giordano e poi Kodra fanno le veci dell’imprenditore albanese Rezart Taçi, vero proprietario del club e fautore degli arrivi di Cristian Rodríguez e Varela, ma la situazione-stipendi dei ducali resta la stessa, senza che le istituzioni del nostro calcio decidano di intervenire (la Lega di Serie A ha però respinto le accuse con una nota pubblicata ieri sera), Cassano e Felipe decidono di svincolarsi e si assiste ad operazioni di mercato da esodo annunciato, come ad esempio l’addio di Paletta, che passa al Milan, oppure quel prestito con diritto di riscatto a mille euro (!) di Pozzi al Chievo.
La scadenza del 16 febbraio, data ultima per evitare penalizzazioni e scelta dai giocatori come spartiacque per attuare la messa in mora e svincolarsi dal club, visto che sono diventati 7 i mesi senza stipendio, si avvicina, ed allora ecco che anche Taçi passa la mano, cedendo il club a Manenti (anche qui per 1€), esponente del Mapi Group (che in passato non era riuscito ad acquistare il Brescia per il rifiuto di Corioni), che chiede qualche giorno di pazienza, prima di mostrare dei bonifici che attestano la partenza del pagamento degli stipendi: si scopre però che il Mapi Group ha un capitale sociale di circa 6500 euro, impossibile quindi sostenere il pagamento e, poco dopo, arriva anche la doccia gelata.
I bonifici mostrati in realtà non esistono e così, mentre alcune procure indagano su quella firma falsa che avrebbe portato nelle casse del Parma circa un milione di euro in estate, la situazione ducale assume i contorni del grottesco: viene pignorato il pullman del club dai creditori, che avanzano anche istanza di fallimento del club, mancano i soldi per organizzare la sicurezza al Tardini con gli steward, e così salta il match contro l’Udinese, mentre i giocatori sono ormai pronti a far partire quella messa in mora forse ritardata per troppo tempo, vista la situazione nella quale si trovavano.
Di oggi inoltre è la notizia dell’arrivo di tre nuove istanze di fallimento nei confronti del club, perché sì, il Parma rischia davvero di non finire nemmeno la stagione e sparire dal calcio italiano, per ripartire dai dilettanti e perdere quel nome che aveva emozionato tanti e regalato tante soddisfazioni al Bel Paese: una situazione grottesca, per la quale non ci sono parole, perché sì, un po’ le abbiamo perse tutti in questi mesi, vedendo quello che, da quando è emerso ufficialmente il problema, ha tutti i contorni di un fallimento pilotato.
Già, perché ormai il fallimento è l’unico modo di uscire da quella che, per tifosi e giocatori del Parma, è diventata solo una tremenda ed inesorabile agonia: svincolo dei giocatori, esclusione dal campionato e 3-0 a tavolino per chiunque avrebbe affrontato i ducali nelle prossime gare (nulla da fare per chi già li ha affrontati, prepariamoci alle polemiche), questi sembrano essere i possibili scenari che vedranno protagonista il club nelle prossime gare, ma la domanda sorge spontanea…
Davvero non si poteva far nulla per evitare il fallimento di una gloriosa società come il Parma? Lega Calcio e FIGC, di certo, sono intervenute troppo tardi in una situazione che, a conti fatti, non è critica solo da pochi mesi e forse è stata generata dalla volontà di Ghirardi di far tornare grande un club che grande lo era stato, eccome…
Investimenti troppo onerosi per il bacino d’utenza, come ad esempio certi stipendi, superare i 200 giocatori sotto contratto oppure acquistare il Nova Gorica: può essere questo uno dei motivi del tracollo crociato, un tracollo che ora, dopo mille peripezie e tanti, troppi, episodi di un autentico teatrino dell’assurdo, si avvia alla sua naturale (e triste) conclusione…