A fine luglio sembrava tutto fatto. La Fiorentina era pronta a chiudere l’acquisto di Sergej Milinkovic-Savic, fresco di vittoria – da protagonista – del Mondiale Under 20 con la Serbia. Arrivo in città, primi scatti all’interno dell’Artemio Franchi. Il centrocampista, però, al momento di firmare il contratto, faceva marcia indietro: spinto (pare) dall’influente fidanzata, scoppiato in lacrime all’interno della sede sociale dei viola, mandava all’aria l’affare, per firmare, pochi giorni dopo, con la Lazio.
Un boccone amaro per la dirigenza e i tifosi della Fiorentina, ancor di più se si considera che questa delusione seguiva quella provocata dalla scelta di Salah di interrompere – con il famigerato escamotage della scrittura privata – il prestito in Toscana, per accettare la corte della Roma, lasciando Pradè e i Della Valle con un pugno di mosche.
Per completare la beffa, però, è necessario un flash forward di cinque mesi: nella sfida tra Fiorentina e Lazio dello scorso 9 gennaio Milinkovic-Savic trova al Franchi il primo goal in Serie A della sua carriera, firmando il momentaneo 0-2 (al fischio finale sarà 1-3), festeggiato con un’irriverente linguaccia nei confronti di quello che avrebbe dovuto essere il suo pubblico e battendosi la mano sullo stemma dei biancocelesti.
Al momento, quella del Franchi resta l’unica gioia nel nostro campionato per Sergej, un giocatore dalle grandi doti, sia tecniche che fisiche, ma non ancora del tutto pronto per imporsi sullo scenario della Serie A. In questi primi mesi l’ex Genk è stato schierato da Pioli in posizione di mezzala destra quando la Lazio scendeva in campo con il 4-3-3, mentre, in caso di 4-2-3-1, ha agito da trequartista, ruolo nel quale viene abitualmente impiegato in nazionale.
Nell’ultimo periodo, però, il tecnico emiliano ha preferito affidarsi alla prima soluzione, cercando di adattare Milinkovic-Savic a giocare da interno, quasi a volerne fare il Pogba biancoceleste, anche in ragione delle impressionanti doti fisiche e di una mobilità non esattamente da fantasista. Un ambientamento a tratti molto faticoso per il serbo, che nelle prime diciotto gare di campionato da “aquilotto” ha stentato sia nella fase difensiva, dove è evidente la scarsa abitudine a interdire l’azione avversaria, sia in quella di gestione del pallone, con una bassissima percentuale di realizzazione dei passaggi – nemmeno il 65% – nella metà campo offensiva, e, dei trenta cross tentati, solo 2 (!) mandati a bersaglio.
E chissà che, guardando la sua Lazio ristagnare a metà classifica e stentare a ingranare, mentre la Fiorentina è in lotta per la zona Champions, in qualche occasione non abbia pensato a un ipotetico passo indietro a fine luglio e ai suoi attimi da giocatore viola.
La formazione toscana, nel mercato estivo, aveva ripiegato su Mario Suarez per puntellare il centrocampo, nell’ambito dell’operazione che ha portato Savic all’Atletico Madrid. Un acquisto fallimentare, come testimoniato dall’immediata cessione a gennaio. Il mediano spagnolo è però un giocatore molto diverso da Sergej per caratteristiche, portato più al pressing aggressivo e al recupero del pallone, come testimoniato dall’unica gioia della sua esperienza fiorentina, la rete al Frosinone a inizio novembre.
Alla corte di Paulo Sousa, Milinkovic-Savic avrebbe potuto trarre giovamento dal lavorare con un tecnico molto preparato, abile nel plasmare gli elementi a propria disposizione in funzione dell’idea di calcio, il simbolo più evidente ne è l’evoluzione tattica di Bernardeschi, trasformato da fantasista in esterno destro a tutta fascia. Secondo chi vi scrive, il classe ’95 sarebbe stato reinventato dall’uomo di Viseu in posizione di playmaker basso davanti alla difesa, al posto di Badelj. Affiancandogli un uomo dal grande dinamismo come Matias Vecino, le difficoltà in fase di copertura del serbo sarebbero state in gran parte mascherate, e il possesso palla della squadra, già il più qualitativo della Serie A, avrebbe raggiunto picchi mai visti nel nostro campionato, se si considera la presenza di elementi della qualità di Borja Valero e Ilicic a fare da collante con il reparto offensivo.
Interessante anche l’ipotesi alternativa, quella che prevede l’abbassamento di Valero in cabina di regia al fianco di uno tra Badelj e Vecino (come accaduto di recente con l’infortunio del croato), e l’avanzamento sulla trequarti di Sergej, per comporre un terzetto tutto balcanico con Ilicic e Kalinic, autentici trascinatori della grande Viola della prima metà di stagione.
Sulla trequarti il nativo di Lleida, dove il padre di Nikola ha giocato a metà anni ’90, in un lungo girovagare tra club iberici di seconda fascia, ha dato il meglio di sé, specialmente nelle formazioni giovanili del suo paese, con le quali ha conquistato un’oro e un bronzo agli Europei Under 19 e, come detto, l’alloro mondiale nello scorso giugno. Nella rassegna neozelandese Sergej ha mostrato un arsenale di colpi estremamente vario che, forse per restrizioni imposte dalla panchina, abbiamo visto solo in parte finora, guardare per credere:
Un’ampia sintesi del Mondiale che, per qualità tecniche nel gioco di prima – spesso di tacco – e nel voltarsi sempre verso la porta avversaria in un amen, ha fatto ricordare a chi scrive Totti, quello trequartista dei primi anni di carriera. Ok, forse il paragone può sembrare un po’ blasfemo, ma se pensiamo a quanto visto finora nella Capitale, verrebbe quasi da pensare che a Roma il brillante fantasista abbia mandato il fratello Vanja, portiere di proprietà del Manchester United.
Con Sousa, che lascia ai suoi calciatori offensivi più libertà di manovra, probabilmente il talento serbo avrebbe avuto maggior spazio per esprimere le proprie doti, fino a questo momento”ingabbiate” nel contesto laziale, dove è parso in più di un’occasione timido e impaurito al momento di tentare la giocata. Insomma, nel lungo periodo forse l’educazione siberiana di Pioli potrà renderlo un centrocampista più completo e dedito al sacrificio, ma nell’immediato, probabilmente, la soluzione toscana ci avrebbe regalato un elemento più emozionante, uno di quelli che valgono da soli il prezzo del biglietto. E in questa Serie A, allo stato attuale della cosa, giocatori del genere si contano sulla punta delle dita di una mano.