Nella Schalke Arena di Gelsenkirchen gli azzurri erano chiamati, come le centinaia di migliaia di ragazzi italiani, alle prese ieri con il secondo scritto dell’esame di maturità, al loro più importante esame dall’inizio della gestione Spalletti.
Speriamo, e confidiamo, che ai maturandi le cose siano andate, e andranno, molto meglio di come siano andate alla rinnovata nazionale italiana.
Contro la Spagna, nel terzo millennio, decisamente la nostra bestia nera, tutto è andato come molti temevano, ma nessuno auspicava.
Spalletti, dopo i tanti ripensamenti di questi giorni, alla fine, ha schierato l’undici che aveva sconfitto l’Albania, mostrando, per almeno un’ora, un calcio bello, propositivo ed efficace, ma, contro le ‘furie rosse’, la squadra di gran lunga più giovane del torneo, non ha funzionato proprio nulla.
La partita di ieri sera è sembrata più un esercizio attacco-difesa che non la sfida tra due delle grandi d’Europa, perché di squadra in campo se n’è vista una soltanto e, purtroppo, non indossava la maglia azzurra (ieri sera tra l’altro era bianca)
I ragazzi terribili di De La Fuente hanno fatto ciò che hanno voluto fin dal 1’ con un possesso palla imbarazzante (nel primo tempo era del 70%, sceso solo di poco nella ripresa), fatto di triangolazioni veloci, aggressione alta, scorribande letali sulle fasce e verticalizzazioni puntuali e ripetute.
La nostra difesa, soprattutto sulle fasce è stata inadeguata e sempre sfondata, con il povero Di Lorenzo usato come un punching-ball dall’imprendibile e devastante furetto Nico Williams, tanto che solo un Donnarumma in formato numero uno al mondo ha evitato che la partita si trasformasse in una imbarazzante goleada.
Poco importa che, alla fine, poi, si sia perso per effetto di uno sfortunato e rocambolesco autogol del pur sufficiente Calafiori, quel che conta è che gli azzurri non sono mai entrati in partita, nulla creando e opponendo una ben fiacca resistenza.
Nulla ha funzionato, nella testa e nelle gambe, tanto che i nostri arrivavano sempre un attimo in ritardo e si offrivano disordinati, e mal posizionati in campo ad ogni iniziativa avversaria.
Si sapeva che chi avrebbe tenuto in mano il pallino del gioco avrebbe fatto sua la partita, ma non riuscire proprio mai, se non per una decina di minuti nel finale, a comandare il gioco non se lo aspettava proprio nessuno e forse neppure Spalletti, che, nel post-partita, ha addossato le responsabilità della sconfitta tutta alla ‘mancanza di gamba’ che ha reso impossibile ogni giocata ed opposizione.
Mai o quasi eravamo stati umiliati così nell’ultimo lustro dagli spagnoli, ma, adesso, non c’è comunque tempo per piangersi addosso, occorre ricompattarsi, azzerare quanto successo e ripartire.
Lunedì 24, a Lipsia, ci aspetta la sfida da dentro o fuori contro la Croazia, che non si può assolutamente fallire, basta, è vero, un pareggio, ma guai a pensare di giocare per esso, perché si finirebbe seriamente di rischiare l’eliminazione.
Di certo, se a Gelsenkirchen, l’Italia è stata rimandata, fare di nuovo scena muta contro Modric e compagni comporterebbe la bocciatura senza più possibilità di rimedio.
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