stadio manchester united

Il sesto turno di Champions League, che è stato anche l’ultimo nella storia della fase a gironi (col regolamento che cambierà dalla prossima stagione e un unico gruppone), ha visto escluse eccellenti e qualificazioni inattese. Entrambe le categorie possono essere sintetizzate con la situazione del Gruppo A, col Copenhagen che ha conquistato una storica qualificazione agli ottavi di finale dietro solo al Bayern Monaco. In coda, sotto pure al Galatasaray di Icardi, ha chiuso il Manchester United, fanalino di coda con appena 4 punti in sei gare, frutto di una sola vittoria e ben 4 sconfitte. Ed è proprio la sfida di ritorno contro i danesi che ha indirizzato la qualificazione, nel rocambolesco 4-3 del Parken al quarto turno. Red Devils che erano avanti per 2-3 a pochi minuti dalla fine e che hanno subito una incredibile rimonta in 4 minuti che ha dato una netta sterzata alla loro stagione.

Da quel momento gli uomini di Ten Hag, che comunque non stavano brillando nemmeno in Premier League, hanno definitivamente perso la bussola. Una serie di risultati negativi li ha fatti scivolare al sesto posto in campionato oltre a portare alla clamorosa eliminazione ai gironi di Champions, chiudendo ultimi nel loro raggruppamento. Una stagione che si prospetta dunque incolore e transitoria, com’è consuetudine dalle parti di Old Trafford da un decennio circa. I tifosi stanno ormai facendo l’abitudine a un trend negativo a cui non erano abituati, reduci da 25 anni di grandi e numerosi successi. Trionfi che portano un nome, quello di Sir Alex Ferguson. Il mitologico tecnico scozzese ha legato allo United le sue più grandi fortune in panchina, rendendo il club uno dei più vincenti dell’epoca. Addirittura 38 i trofei conquistati da Ferguson nei suoi 27 anni sulla panchina dei Red Devils, dal 1986 al 2013. Dopo il suo addio, ormai un decennio fa, lo United non è più stato lo stesso. Sulla panchina si sono avvicendati grandi nomi e scommesse ambiziose, da Mourinho a Van Gaal, passando per Moyes e l’ultimo Ten Hag. Nessuno di loro è riuscito ad avvicinarsi ai risultati raggiunti da Sir Alex.

Il confronto è impietoso, con appena 6 trofei vinti nel post Ferguson dal 2013 a oggi. Per dare un’idea, nel biennio dal 2007 al 2009 l’allenatore scozzese aveva arricchito la bacheca del Manchester con 7 trofei in appena due stagioni. Solo l’annata con José Mourinho aveva fatto sperare in una rinascita del club, con la vittoria del Community Shield, della League Cup e con la prima storica Europa League aggiunta al palmarès. Mou che però aveva fatto male in campionato, chiudendo solo sesto e iniziando la stagione successiva, quella 2017/18, in maniera ancora più disastrosa. Avvio negativo che lo portò all’esonero, sostituito dalla ex leggenda del club Ole Gunnar Solskjær che però non vinse alcun titolo nella sua esperienza in panchina. L’anno scorso sembrava potesse cambiare qualcosa con l’arrivo di Erik Ten Hag, che aveva impressionato tutti all’Ajax. La prima stagione del tecnico olandese non era stata da buttare per un esordiente nel campionato inglese, con la vittoria della League Cup e la finale di FA Cup raggiunta e persa contro i cugini del City. In campionato Ten Hag aveva chiuso con un promettente terzo posto, che poteva gettare le basi per una successiva stagione da protagonisti.

Quest’anno però lo United sta continuando a mostrarsi come una squadra debole psicologicamente, a cui basta pochissimo per sgretolare le (poche) certezze acquisite. Una squadra che a tratti sembra senza una vera identità, con poco mordente e orfana di quello spirito che per 25 anni l’ha resa uno spauracchio in Inghilterra e in tutta Europa. Qualcosa si è inevitabilmente rotto dopo l’addio di Ferguson, con la sua eredità che diventa sempre più difficile da raccogliere di anno in anno. Ci hanno provato in tanti, ma al momento i risultati non stanno arrivando. La dirigenza ha provato diverse filosofie di gioco, da quello prudente e poco spettacolare di Mourinho a quello spumeggiante di Ten Hag, passando per il calcio pragmatico e organizzato di Louis Van Gaal. Nulla da fare, con la magia di Old Trafford che va svanendo a poco a poco, per quello che era fino a un decennio fa un fortino quasi inespugnabile e che adesso è diventato un terreno di conquista talvolta troppo facile per qualunque avversario. L’ultimo turno di Premier League lo ha dimostrato, con i Red Devils usciti sconfitti davanti al proprio pubblico con un sonoro 0-3 inflitto dal modesto Bournemouth. Una batosta che dà la misura dello smarrimento del Manchester degli ultimi anni. Le voci si rincorrono negli ultimi giorni, con Ten Hag che sembrerebbe non essere più tanto al sicuro nella sua posizione in panchina. Tanti i nomi in ballo per sostituirlo, con quello di Julen Lopetegui che è solo l’ultimo in ordine cronologico.

La sensazione, vedendo giocare la squadra, è che non basti l’ennesimo cambio di guida tecnica per rivitalizzare un organico forse non adatto al blasone e al peso di questa maglia, indossata nei decenni da campioni di livello assoluto. Lo stesso Cristiano Ronaldo, un paio di anni fa, ha pagato la confusione del Manchester a livello societario, con un’annata molto al di sotto dei suoi numeri abituali nonostante un ritorno in pompa magna che aveva creato ben altre aspettative nella tifoseria. A farne le spese è stato proprio l’asso portoghese, troppo facilmente additato come problema della squadra e mandato via già a metà della sua seconda stagione. Il tempo gli ha dato ragione, con CR7 che macina ancora gol e record in Arabia Saudita e con lo United che continua nel suo periodo di mediocrità.

Da sottolineare anche la pessima gestione del mercato, con spese spropositate nelle ultime stagioni che però non hanno portato a un ritorno in termini di risultati. Giocatori strapagati ma che hanno reso molto meno delle aspettative (Maguire, Sancho, Antony per citarne solo alcuni) e giovani mai così poco valorizzati sono altri due punti chiave per capire la crisi di questo Manchester. Solo nelle ultime due stagioni i Red Devils hanno completato acquisti per un totale di oltre 500 milioni di euro, nell’ambito di campagne tanto faraoniche quanto mal gestite. Spese non equilibrate dalle entrate, per un bilancio complessivo in negativo di oltre 350 milioni (dati Transfermarkt) solo negli ultimi due anni, a testimonianza di una scarsa progettualità sul mercato. In un’epoca in cui si insegue sempre più la sostenibilità prima ancora dei risultati, il modello dello United attuale spiega bene il declino dei Red Devils. Necessario invertire la rotta, ora più che mai dopo l’ultima cocente eliminazione in Champions. L’impressione è che questa stagione possa ormai trascorrere senza grossi acuti, con i tifosi che sperano in un cambio di marcia già dal prossimo anno.

C’era una volta il Manchester United, con i diavoli rossi che adesso sono all’inferno in uno dei punti più bassi della loro storia recente. Sapranno alzare la testa tornando a spaventare le squadre di tutta Europa già dalla prossima stagione? Dalle parti di Old Trafford (e non solo) tutti sperano di sì.

DiFabio Scalia

Laureato in geologia, da sempre grande appassionato di sport e scrittura. Juventino sfegatato, ma ho anche dei difetti.