Lukaku

La decisione del presidente della FIGC Gabriele Gravina di concedere la grazia a Romelu Lukaku, squalificato per una giornata dopo l’espulsione per doppia ammonizione nella semifinale di andata di Coppa Italia contro la Juventus, è un gesto positivo che va in direzione contro il razzismo. Lukaku infatti era stato provocato dai cori poco gentili di una buona fetta della curva juventina, che gli avevano rivolto insulti e fischi ogni volta che toccava il pallone. Il belga aveva reagito con un gesto di sfida dopo aver segnato il rigore del pareggio, ma era stato punito dall’arbitro con il secondo giallo.

La squalifica di Lukaku era stata confermata dalla Corte Sportiva d’Appello Federale, suscitando le proteste dell’Inter, che aveva denunciato una disparità di trattamento rispetto alla curva della Juventus, chiusa in un primo momento e poi riaperta senza condizioni. L’Inter aveva anche sottolineato come Lukaku fosse stato l’unico colpevole in una vicenda che aveva offeso la sua dignità e quella di tutti i calciatori.

Gravina ha saputo cogliere il senso di ingiustizia e ha deciso di intervenire con un provvedimento eccezionale e straordinario, basato sul principio della lotta ad ogni forma di razzismo, elemento fondante dell’ordinamento sportivo internazionale e nazionale. Il presidente federale ha graziato solo la seconda ammonizione di Lukaku, lasciando inalterata la prima e rendendo il giocatore diffidato per la semifinale di ritorno. Si tratta di una soluzione equilibrata e ragionevole, che non intacca l’autorità dell’arbitro ma riconosce il diritto di Lukaku a difendersi dalle discriminazioni.

Con questo gesto, Gravina ha dimostrato una grande sensibilità e una visione moderna del calcio, che non può tollerare episodi di intolleranza e violenza verbale. Ha anche inviato un messaggio forte a tutti i tifosi, invitandoli a rispettare gli avversari e a esprimere il loro amore per la squadra senza offendere nessuno. La grazia a Lukaku è un segnale di civiltà e di speranza per un calcio più pulito e più bello.

Calcio e razzismo

Il calcio e lo sport in generale dovrebbero essere liberi dal razzismo perché il razzismo è moralmente sbagliato, discriminatorio e dannoso per le persone che ne sono vittime. Lo sport, al contrario, dovrebbe essere un’attività che promuove l’inclusione, la diversità e l’uguaglianza.

Lo sport, in particolare il calcio che, volente o nolente è lo sport più seguito in Italia, ha un enorme potere di influenzare la società in cui viviamo. I giocatori e gli atleti sono spesso considerati come modelli per i giovani, e la loro influenza può essere positiva o negativa. Se lo sport è contaminato dal razzismo e dalla discriminazione, questo può avere conseguenze terribili sulla società in generale.

Inoltre, lo sport dovrebbe essere un’attività che unisce le persone, indipendentemente dalla loro etnia, cultura, religione o nazionalità. Il razzismo nel calcio e negli altri sport crea divisioni e tensioni tra le persone e rovina l’esperienza sportiva per tutti.

I casi precedenti famosi: Zoro, Boateng e Muntari

Durante una partita di Serie A contro l’Inter nel 2005, Zoro ha subito insulti razzisti da parte dei tifosi avversari. I cori di stampo razzista sono stati talmente violenti da costringere l’arbitro a sospendere temporaneamente la partita. Zoro, profondamente scosso, ha dichiarato che l’episodio è stato il peggiore della sua vita. In seguito, il calciatore ha deciso di denunciare l’accaduto alle autorità competenti, diventando un simbolo di lotta contro il razzismo nel calcio italiano.

Durante una partita amichevole del Milan contro il Pro Patria nel 2013, Boateng ha deciso di abbandonare il campo a causa dei cori razzisti provenienti dalla tribuna. Il calciatore ghanese, stanco di subire insulti di questo tipo, ha reagito in modo deciso e ha portato alla sospensione della partita. Il gesto di Boateng ha avuto un grande impatto mediatico e ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione del razzismo nel calcio.

Durante una partita di Serie A tra il Cagliari e il Pescara nel 2017, Muntari ha subito cori razzisti da parte di alcuni tifosi avversari. Il calciatore ghanese, dopo aver provato a far presente l’accaduto all’arbitro, ha deciso di abbandonare il campo in segno di protesta. Tuttavia, l’arbitro gli ha assegnato un cartellino giallo per aver lasciato il terreno di gioco senza autorizzazione. L’episodio ha suscitato indignazione in Italia e all’estero, portando alla ribalta la questione del razzismo nel calcio e della necessità di combatterlo con determinazione.

DiRedazione Voci di Sport

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