Nel nostro excursus alla scoperta di personaggi, eventi e partite che hanno lasciato il segno nella storia ultrasecolare del calcio, questa volta fermiamo la nostra macchina del tempo in Germania, nel 1974.
Dopo un decennio di crescita e sviluppo sociale ed economico, la società dell’epoca deve fare i conti con la prima, timida, recessione post-boom, generata dalla crisi petrolifera del ‘73.
E’ comunque un periodo di profonde trasformazioni sociali, le fondamenta di quella che era stata fino ad allora la società ‘tradizionale’, sono violentemente scosse da movimenti ed idee ‘rivoluzionarie’ un po’ in tutti i settori della vita civile.
La contestazione iniziata nelle aule universitarie, alla fine degli anni ’60, si sposta rapidamente nelle fabbriche e si iniziano ad intravvedere i primi segnali di irrequietezza che, da lì a poco, sfoceranno nella lotta armata, soprattutto in Italia e in Germania.
Proprio in una Germania, dove ancora non si è del tutto superato lo shock dei fatti dell’Olimpiade di Monaco di appena due anni prima, e dove la sigla RAF non richiama più la seconda guerra mondiale, ma uno dei gruppi di lotta armata più attivi e sanguinari, si va a disputare il mondiale di calcio.
L’atmosfera complessiva è tuttavia ancora serena e festosa e ci si diverte a pronosticare chi ne potrà essere il vincitore: la solida Germania, il Brasile campione in carica, l’Italia delle grandi imprese (vittoria a Wembley con rete di Capello nel 1973), l’Uruguay che si riaffaccia con nuove velleità alla grande ribalta.
Vanno di moda capelli lunghi, basettoni, abiti attillati, musica psichedelica.
E chi, meglio dell’Olanda, incarna in pieno lo spirito degli anni ’70?
Dopo l’onda dei successi tedeschi nelle coppe (con il Bayern che solleva al cielo per tre volte consecutive la Coppa dei Campioni) si andava affermando l’Olanda che stava portando alla ribalta un nuovo modo di giocare, il cosiddetto ‘calcio totale’. L’alfiere di questa nuova filosofia era l’Ajax di Rinus Michels, guidata in campo dall’inarrivabile Johan Cruijff. Gli elementi innovativi erano lo scambio continuo di posizioni in campo, la corsa, il pressing, la tattica del fuori gioco. I difensori finivano così per trovarsi ad attaccare e gli attaccanti a difendere, creando una sorta di ‘caos organizzato’, che disorientava l’avversario. Il tutto era poi reso più efficace e redditizio dalla tecnica sopraffina di quel meraviglioso gruppo di giocatori . Il risultato finale era così un gioco ‘a fisarmonica’, che non dava punti di riferimento agli avversari, ma che era altamente dispendioso per i suoi interpreti sia sul piano fisico, sia su quello nervoso a causa dell’alta concentrazione che richiedeva.
L’Olanda, grazie alla sua ‘rivoluzione’ finì per arrivare imbattuta alla finalissima: sei partite, cinque vittorie con Uruguay (2-0), Bulgaria (4-1), Argentina (4-0), Germania est (2-0), Brasile (2-0) ed un solo pareggio con la Svezia (0-0). L’estroso portiere Jongbloed, con il suo maglione giallo ed il numero 8 sulle spalle, più un libero aggiunto che un portiere tradizionale, aveva subito appena un gol, a fronte dei 14 realizzati dal devastante attacco degli Oranje.
In difesa la squadra giocava con l’elegante libero Haan, il roccioso stopper Rijsbergen, mentre sulle fasce spingevano Suurbier e Krol. A centrocampo gran parte del ‘caos’ lo assicurava Neeskens, giocatore di grande tecnica ed intelligenza tattica, che dettava il ritmo ed i tempi della manovra. L’attacco poggiava sul fuoriclasse Johann Cruijff, che spaziava in lungo in largo mentre Rep e Resenbrink si inserivano per sorprendere con le loro grandi doti realizzative le difese avversarie.
L’ avversaria in finale degli olandesi non poteva che essere la padrona di casa, la Germania Ovest. I tedeschi, avevano molta meno fantasia ed estro, ma erano terribilmenti solidi e determinati, con un vero mastino in difesa, Berti Vogts, e un regista impeccabile, Beckenbauer, che, pur arretrato a fare il libero, era in realtà un vero e proprio regista arretrato, fonte ispiratrice di tutte le manovre dei bianchi. La stella della squadra era però il centravanti, Gerd Mueller, fisicamente tozzo, sgraziato nei movimenti, ma incredibile e letale opportunista, un vero rapinatore di gol. I tedeschi si qualificarono per la finalissima con altrettanta facilità . Cinque vittorie, 1-0 al Cile, 3-0 all’Australia, 2-0 alla Jugoslavia, 4-2 alla Svezia, 1-0 alla Polonia e una sconfitta ‘storica’, per i risvolti politici, contro i cugini della Germania est (0-1, con rete del mitico Jurgen Sparwasser) per un totale di 11 gol segnati e appena 3 subiti.
Nello stadio di Monaco, l’Olanda iniziò la finale col suo gioco spumeggiante e il palleggio insistito che tanto risultava indigesto agli avversari. Berti Vogts marcava a uomo, spietatamente, Cruijff. La prima, lunga azione degli arancioni, senza che i tedeschi riuscissero a toccar palla, finisce con un fallo in area di Hoeness su Cruijff, sfuggito alla marcatura di Vogts. Neeskens realizzò il penalty. Fu il primo rigore assegnato in una finale mondiale, protagonista l’arbitro inglese Taylor.
In vantaggio dopo 1 minuto, l’Olanda sembrò avviata al trionfo, ma, incredibilmente, tirò il freno a mano e si limitò a difendere il vantaggio.
Dopo una ventina di minuti la Germania prese in pugno il match, iniziò ad assediare l’area avversaria riuscendo a procurarsi un penalty, grazie ad uno spunto dell’ala sinistra Hoelzenbein, che Taylor concesse con sorprendente solerzia e decisione. Jongbloed neanche si tuffò sul tiro dal dischetto del terzino Breitner che portò le squadre sull’1-1.
Il portiere olandese, che aveva fatto spesso lo spettatore, dovette ergersi a vero protagonista per arginare gli attacchi di una Germania galvanizzata e sorretta dal proprio pubblico. Alla fine del primo tempo, su un cross di Bonhof, Gerd Mueller, marcato da Haan, al centro dell’area, scivolò, ma, con un guizzo dei suoi si rialzò e spinse la palla in rete (2-1) con Jongbloed fermo a guardare.
L’Olanda tornò ad essere la vera Olanda nella ripresa attaccando a pieno organico ma fu il portiere Maier a salvare più volte il risultato.
Il punteggio non cambiò più e la Germania Ovest si laureò Campione del Mondo per la seconda volta nella storia.
Il ‘calcio totale’ degli olandesi dette spettacolo, ma la grinta, la determinazione e la straordinaria difesa della Germania, ebbero, alla fine. la meglio.