Pallone

Tra le tante storie che questo pazzo calcio ha regalato in oltre un secolo di partite e competizioni vogliamo soffermarci oggi sul ricordo dell’avventura europea, breve, ma intensa, del Cesena.

Parliamo di qualcosa successo quarant’anni fa, a metà degli anni settanta, quando imperava il calcio totale, esportato, in Europa e nel mondo, dalle squadre olandesi e che aveva trovato proseliti ed epigoni a tutte le latitudini.

Anche in Italia, tra i discepoli del nuovo credo, c’era un taciturno allenatore milanese, Giuseppe ‘Pippo’ Marchioro, che dopo aver calcato, da attaccante, i campi da gioco delle serie minori con Lecco, Parma, Pro Patria, Pro Vercelli, Varese, Catanzaro (sua una rete nella finale di Coppa Italia disputata nel 1965) e Legnano, intrapresa la carriera di allenatore, si appassionò al gioco tutta corsa, scambio di ruoli , pressing e fuori gioco che stava portando successi in serie a chi lo aveva adottato.

Dopo gli esordi al Monza, ed i primi anni a Verbania ed Alessandria, Marchioro approdò nel 1973 al Como, con cui ottenne un quarto posto nella prima stagione e la promozione nella seconda, grazie ad un gioco spumeggiante, redditizio e spettacolare, che gli valse la chiamata ad allenare il Cesena in serie A nel 1975.

E, alla prima stagione, il mister milanese stupì il mondo del calcio dell’epoca trascinando i romagnoli ad un incredibile sesto posto (grazie ai 32 punti frutto di 9 vittorie, 14 pareggi e 7 sconfitte), che, grazie alla contemporanea vittoria del Napoli in Coppa Italia, permise loro di qualificarsi, con l’ultimo posto utile, all’edizione 1976/77 della Coppa UEFA.

Una simile prodezza colpì tutti, anche le società di primo livello, tra queste il Milan che chiamò Marchioro (che era cresciuto nelle giovanili rossonere, senza però mai riuscire ad esordire in prima squadra) sulla propria panchina (dove non superò la fine del girone d’andata, esonerato senza troppi rimpianti). Il Cesena si trovò dunque a dover affrontare l’avventura europea con un nuovo Mister, Giulio Corsini, appena esonerato dalla Lazio.

La stagione inizia male per il Cesena, la squadra non si ritrova, l’allenatore è messo in discussione fin dalle prime partite, il gioiellino ammirato l’anno precedente sembra ormai solo uno sbiadito ricordo, anche se la maggior parte dei giocatori è la stessa.

Arriviamo così alla data fatidica per l’esordio in Europa, il 15 settembre 1976, in Italia, sono anni difficili, c’è il terzo governo Andreotti, Presidente della Repubblica è il democristiano Giovanni Leone, mentre l’Europa dell’Est è ancora una zona lontana, quasi un altro pianeta. Il mondo è ancora, e lo sarà per ancora una dozzina d’anni, diviso in due blocchi contrapposti: ad Ovest l’Occidente e la Nato, ad Est il comunismo ed il Patto di Varsavia. A rendere tangibile la cortina di ‘ferro’, c’è poi un muro vero, il famigerato ‘Muro di Berlino’, quello che taglia in due una città, una nazione, un continente… il mondo intero.

Da una parte ci sono le certezze occidentali , dall’altra le paure orientali. Anche solo spostarsi da una parte all’altra d’Europa era una mezza impresa a quei tempi, il Cesena, accompagnato dai propri tifosi, dopo il viaggio su un mastodontico Tupolev russo, scomodo e spartano, atterra all’aeroporto di Berlino-Schönefeld, quello di Berlino Est, distante pochi metri, ma che paiono anni luce, dall’ovest. Da lì si prosegue in bus, addentrandosi nel cuore della Germania Est, direzione Magdeburgo, distante 160 km, da percorrere su panche di legno fredde e tanti sobbalzi sulle strade dissestate. La trasferta per i tifosi (aereo e bus costa 200.000 lire, l’equivalente di 4 mensilità dell’epoca) .

E finalmente si gioca, contro il Magdeburgo, uno degli avversari peggiori che l’urna di Zurigo avesse potuto proporre. La squadra avversaria, capace di conquistare anche una Coppa delle Coppe, vinta nel 1974 ai danni del Milan, è ricca di giocatori possenti, fisici prestanti e anche tecnicamente validi, primo tra tutti il centravanti Jurgen Sparwasser, che regalava ben 8 dei suoi calciatori alla nazionale della RDT.

Si giocò allo stadio “Ernst Grube”, davanti a 31.000 spettatori (i tifosi del Cesena presenti sono circa ottocento), e finì come nelle aspettative degli esperti, 3-0 per la squadra di casa con reti di Steinbach e Streich (autore di una doppietta).

Il Cesena pagò lo scotto dell’inesperienza, giocò contratto, senza quella spregiudicatezza che le era propria, e, ridotto in 10 quasi dall’inizio, per l’espulsione di Oddi per un fallo lontano dalla palla, non dette mai l’impressione di entrare in partita.

Con tre gol sul groppone si tornò a Cesena con poche speranze di rimonta, ma tanta voglia di ben figurare e di dimostrare di non essere quella squadra spaesata ed inconcludente vista nell’andata.

Il match di ritorno viene disputato a Cesena, allo stadio “La Fiorita”, davanti a 15.000 spettatori entusiasti, in campo c’è Batistoni al posto dello squalificato Oddi e tanta voglia di divertire divertendosi. La squadra romagnola non ha più nulla da perdere e gioca questa volta senza timori reverenziali, con tanta grinta e corsa, tanto che al 51’, grazie alle reti di Mariani al 29’ e di Pepe al 51’, la rimonta sembra lì, a portata di mano, ci pensa però Sparwasser (sì proprio il centravanti che aveva matato la Germania Ovest futura campione del mondo nei recenti mondiali del 1974) a far svanire il sogno di continuare l’avventura europea segnando al 69’, inutile poi la rete di Macchi al 73’ che fisserà il punteggio sul 3-1 finale.

Il Cesena fu dunque eliminato ai trentaduesimi di finale, ma l’impresa rimase per sempre nel ricordo dei tifosi bianconeri e sugli annali, mai prima, in Italia, si era qualificata in Europa una squadra di una città non capoluogo di provincia.

Il contraccolpo fu grande, o forse la squadra era arrivata davvero alla fine del suo ciclo, e la stagione finì ingloriosamente con un’amarissima retrocessione nella serie cadetta, mentre il Magdeburgo si fermò solo nei quarti di finale, al cospetto della Juventus, che si aggiudicò poi il trofeo battendo in finale l’Athletic Bilbao, ma questa è un’altra storia!

Boranga, Oddi, Lombardo, Cera, Ceccarelli, Rognoni, Pepe, Frustalupi, Bittolo, Beatrice, Mariani, sembra una filastrocca, era la formazione del Cesena dei sogni diventati realtà….

DiGiuseppe Floriano Bonanno

Nato a Torino nel 1964 e laureato in giurisprudenza a Bologna nel 1990, da una vita lavora in un’azienda top nel mondo del banking. Appassionato di sport, letteratura e viaggi, ha contribuito a diverse riviste online focalizzate su calcio e cultura. Inoltre, ha arricchito il suo percorso pubblicando una serie di romanzi.