253 gare disputate, 32 GP vinti, 97 podi, 2 mondiali. Se dovessimo sintetizzare con i numeri Fernando Alonso, probabilmente, lo faremmo così, ma potrebbe risultare fin troppo sintetico. Il pilota di Oviedo, soprattutto qui in Italia, è stato protagonista assoluto di cinque stagioni in rosso, dal 2010 al 2014. Ha regalato gioie e delusioni, ma non si può dire che non abbia lottato per il cavallino, anzi: proprio per l’assenza di risultati, vuoi per errori tecnici, vuoi per demeriti della macchina, Alonso, l’11 dicembre 2014, torna in McLaren. I risultati dell’ultimo campionato parlano da soli, e forse, nella testa di Alonso sarà balenata la domanda: “E se fossi rimasto in Ferrari?”.
Di quei cinque anni a Maranello non si può che pensare a quella rivalità che ha infiammato tutti gli appassionati delle quattro ruote, la rivalità con Sebastian Vettel. Il tedesco, subito dopo l’addio dello spagnolo, è arrivato in Ferrari con qualche diffidenza, perché in fondo, ricordiamolo: il baby fenomeno della Red Bull vinse 4 mondiali con la casa austriaca ma, due di questi, furono decisi solo all’ultima gara proprio a danno di Alonso e della casa italiana.
La stagione 2010 sembrava quella dell’idillio tra l’asturiano e il cavallino rampante. Cinque podi e cinque vittorie, il bottino sembrava sufficiente per assicurarsi il titolo iridato, ma nonostante il vantaggio, all’ultima gara, Sebastian Vettel arriva primo, Alonso settimo e il mondiale è del tedesco, con soli 4 punti di scarto. Il 2012 poteva essere la stagione della riscossa, con addirittura 50 punti di vantaggio, su quella Red Bull numero uno, al giro di boa. Al gp del Brasile, però, il gap è addirittura a favore del tedesco, alla quale basta la sesta piazza per battere Alonso di soli tre punti, nonostante la sua seconda posizione.
Sul talento cristallino di Alonso nessuno discute, eppure c’è una parte del suo carattere che probabilmente l’ha sempre limitato nel mondo delle corse: la mania di grandezza, la costante voglia di vincere, che, soprattutto negli ultimi due anni in rosso, l’hanno portato a frasi ben poco felici, a comportamenti non del tutto sportivi e ad atteggiamenti al dir poco umilianti per l’intera squadra. Chi non si ricorda di quel famosissimo team radio a Monza nel 2013: “Ma siete degli scemi eh!”? O ancora, facendo qualche salto più indietro, a quel poco decoroso “This is ridiculous” pronunciato ai danni del povero Felipe Massa in Germania nel 2010, il quale, colpevole di aver fatto una gara al dir poco splendida dovette subire dai propri tecnici uno dei più famosi team radio della formula 1 moderna: “Fernando is faster than you”. Il brasiliano si scansa e Alonso vince il gran premio di Hockenheim.
Gli attriti con tecnici e compagni di squadra portano Alonso ad una soluzione drastica ma quanto mai giusta: si ritorna in McLaren.
Al suo posto in Ferrari approda Sebastian Vettel, pronto per una nuova sfida dopo gli sfavillanti 6 anni con la Red Bull. Il tedesco, consigliato alla casa di Maranello, nel lontano 2010, da niente poco di meno che Michael Schumacher, in pochissimo tempo conquista il cuore dei tifosi del cavallino. Tanto lavoro, spirito di gruppo e un’innata passione per quei colori, la Ferrari per lui sembra quasi un sogno e nei box si respira un’aria nuova, fatta di serenità, condivisione e tanta voglia di tornare grandi.
Mentre Vettel riesce a portare un vento nuovo, fatto di tre vittorie, e altri dieci podi, Alonso con la nuova McLaren, che torna ai motori nipponici della Honda, non arriva oltre la quinta posizione del GP d’Ungheria, piazzandosi 17°al mondiale con soli 11 punti all’attivo. E se non fosse successo quanto raccontato? Se Alonso fosse rimasto in Ferrari? Se Vettel avesse scelto la McLaren come nuova sfida per se stesso? Parleremo della stessa identica storia a parti invertite?
Potrebbe essere così, certo. C’è da dire, però che in Formula 1 l’ambiente nel box fa veramente tanto. Vettel in Ferrari non ha portato solo nuove conoscenze e un inestimabile talento, ma anche e soprattutto una grandissima serietà, che ha condotto i lavori dell’intera squadra verso un’unica direzione: colmare il gap con la Mercedes. Alonso, probabilmente, non avrebbe ripetuto le ultimi stagioni indecenti in rosso, perché in fondo anche tecnici e dirigenti sono cambiati, ma certe volte, quando un legame si rompe, non è facile ricostruirlo, ricolmarlo.
Forse la scelta di rimanere sarebbe stata più forzata che mai dato che il corso sembrava ormai chiuso, definitivamente. Forse con un Alonso (ancora) in rosso, inoltre, non staremmo parlando di una stagione vissuta a distanza millimetrica con le Mercedes, ma di una normale stagione da chi, per quella lotta al titolo, non ci ha mai neanche lontanamente pensato. Forse con un Alonso in rosso, non parleremmo neanche di una tifoseria tornata con passione a guardare la Ferrari, di una tifoseria che sembra essere rinata. Si perché in fondo a Vettel, in realtà, si deve realmente solo una cosa: la passione che sta mettendo nel guidare quella macchina, perché sappiamo tutti che, guardare un tedesco con una tuta rossa, che salta nel gradino più in alto del podio, riporta alla mente quel periodo fatto solo di vittorie, di gioie e di festa e forse, sappiamo tutti che è meglio che le cose siano andate così.